Poche prime dosi e lo scoglio no Vax. “Ora le ambiguità sono inaccettabili”

Non si deve compromettere la campagna vaccinale. A lanciare un richiamo forte sulla necessità di spingere la popolazione verso la profilassi è il ministro della Salute, Roberto Speranza: chi ha responsabilità politiche non può permettersi di lanciare messaggi poco chiari «Sui vaccini non sono ammissibili ambiguità da parte di nessuna forza politica. Dalla campagna di vaccinazione dipende la ripartenza e il futuro del Paese», avverte Speranza.

Anche se una persona su due è già protetta si guarda con preoccupazione al rallentamento delle prime dosi soprattutto in quella larga fascia della popolazione più fragile. Ci sono ancora 2,3 milioni di over 60 completamente scoperti. Una cifra che sale quasi a 5 milioni se si aggiunge chi ha ricevuto soltanto una dose. La media di somministrazioni in questa fascia d’età è bassissima appena 10mila al giorno. A questa velocità ci vorranno sei o sette mesi per proteggerli tutti. E il punto fondamentale è che si tratta quasi sicuramente di persone che vanno convinte, indecisi o spaventati. Nella stragrande maggioranza non si tratta di no vax «ultras». I monitoraggi in corso registrano dati inequivocabili: i non vaccinati rischiano 10 volte di più il ricovero e 30 volte di più di finire in terapia intensiva rispetto a chi ha ricevuto due dosi ed è protetto. Per i decessi si passa da uno su mezzo milione a uno su 20mila.

La Fnomceo, gli ordini dei medici, evidenzia che come per «il vaccino antinfluenzale c’è una fascia anche per il vaccino antiCovid che non si vuole vaccinare e non si vaccinerà». La stima varia da un 10 a un 20 per cento di persone che per motivi diversi non si vaccineranno. Tra questi anche lo 0,2 per cento degli operatori sanitari, circa 42mila, che nonostante l’obbligo introdotto per la categoria rifiutano la profilassi, presentando ricorso.

Dunque la preoccupazione riguarda soprattutto il rallentamento delle prime dosi come sottolineato ancora una volta da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. «Al momento facciamo meno di 100mila prime dosi al giorno», di vaccino contro il Covid anche perché è necessario chiudere i richiami che hanno scadenze precise.

La struttura commissariale guarda alle somministrazioni quotidiane e al momento tira un bilancio positivo: la media giornaliera è stabile sopra il mezzo milione. Se verrà mantenuta entro fine agosto l’80 per cento della popolazione sarà vaccinato. Sull’andamento della campagna però pesa l’incognita vacanze e la quota di indecisi. Certamente le regioni procedono sempre a velocità molto diverse. Se si guarda ai dati del 18 luglio si evidenzia che le seconde dosi sono 356.964 contro 79.809 prime dosi oltre a un migliaio di monodose J&J. I richiami, fanno notare dalla struttura commissariale, hanno una scadenza rigida ed è ovvio che dopo una prima fase di sole prime dosi aumentino progressivamente i richiami ai quali si deve dare la priorità visto che non si deve sforare il periodo previsto dai protocolli.

Se si vanno a vedere i dati delle regioni però spicca quello del Lazio che grazie all’iniziativa dell’open day per i giovani il 18 ha somministrato oltre 22 mila prime dosi. Un dato eccezionale se si pensa che al secondo posto si colloca la Lombardia con circa 8.500 prime dosi, pur essendo la regione che in assoluto ha eseguito più somministrazioni in rapporto al numero degli abitanti: 109,4 per cento; seguita dal Lazio, 106,54 e dalla Puglia, 106,21. E i risultati poi sono infatti molto diversi: la Puglia ha soltanto il 7 per cento di over 60 non vaccinati mentre ad esempio la Sicilia che in rapporto alla popolazione raggiunge il 92,70 % delle dosi somministrate, ha addirittura il 25 per cento degli over 60 completamente scoperti.


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