Nintendo annuncia che il gioco Pokemon Go darà un contributo limitato alla trimestrale del gruppo. E il titolo crolla del 17%
L’Asia apre la settimana debole, con Tokyo che ha chiuso a -0,04%, mentre alle 8 ora italiana Hong Kong perdeva lo 0,1% e Shanghai guadagnava lo 0,1%. Petrolio ancora sotto pressione per timori di scorte elevate: in Asia scambiava a 44,10 dollari il barile (Wti americano), giù anche l’oro, che flette dello 0,4% a 1.325 dollari l’oncia.
Dopo l’impennata negli ultimi due settimane, le azioni di Nintendo Co. sono crollate oggi: la società ha avvertito che il famosissimo gioco Pokémon Go darà un contributo limitato alla trimestrale del gruppo. Le azioni di Nintendo sono così precipitate del 17,2% a 23,370 yen dopo che il titolo era raddoppiato in seguito al lancio del gioco, a luglio, negli Stati Uniti e in altri mercati.
Nintendo, gruppo con sede a Kyoto, ha detto venerdì scorso a mercati chiusi che la società ha già inserito gli eventuali profitti dalle vendite del suo dispositivo “Pokémon Go Plus” nelle attuali previsioni di 35 miliardi di yen per l’anno fiscale che termina a marzo. La società deve pubblicare i risultati del secondo trimestre dopodomani, mercoledì.
Le esportazioni giapponesi sono diminuite per il nono mese consecutivo a giugno, mettendo in evidenza come le società abbiano faticato a reggere i continui aumenti dello yen e a giugno con le conseguenze della Brexit.
Le esportazioni sono quindi calate del 7,4% rispetto all’anno precedente a 6.026 miliardi di yen (56,8 miliardi di dollari) il mese scorso, dopo una flessione dell’11,3% del mese precedente. Gli economisti intervistati da The Wall Street Journal avevano un calo dell’11,3% nel mese di giugno.
Intanto in Cina le autorità hanno chiuso diversi siti privati di informazione online, colpevoli di aver pubblicato in modo indipendente articoli su questioni “potenzialmente sensibili”: lo hanno reso noto i media statali. In particolare, i portali Sina, Sohu, Netease e iFeng, tutti in lingua cinese, hanno chiuso alcuni dei propri siti di informazioni, blog e account sui social network dopo essere stati duramente criticati dalle autorità per “il volume di attività in violazione della legge e dei regolamenti”, ovvero la pubblicazione di “un gran numero di notizie raccolte e diffuse su iniziativa propria”.
I giornalisti dei siti di informazioni privati cinesi sono di norma accreditati solo per seguire eventi sportivi e di intrattenimento, e per le notizie legate alla politica o alla cronaca sono obbligati ad utilizzare fonti ufficiali come l’agenzia di Stato, la Xinhua; alcuni portali hanno tuttavia cerato un sistema di raccolta di notizie o addirittura di giornalismo investigativo.
I controlli delle autorità si sono intensificati notevolmente dal 2013, anno in cui è arrivato alla presidenza Xi Jinping: nello scorso febbraio il leader cinese, nel corso di una visita alla televisione di Stato, la Cctv, aveva sottolineato come i media avrebbero dovuto concentrarsi sulle “notizie positive” e “proteggere l’autorità e l’unità del partito”. Secondo i dati forniti da fonti ufficiali cinesi nel solo secondo trimestre del 2016 il governo di Pechino ha ordinato la chiusura o la revoca della licenza a 1.475 siti web, cancellando oltre 12mila account internet in un’offensiva diretta contro “l’informazione illegale online”.
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