Ponte Genova, esperto, corrosione nota ma controlli non facili

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  • (ANSA) – GENOVA, 20 DIC – L’allarme corrosione lanciato
    dall’ingegnere Riccardo Morandi già nel 1981 e segnalato ad
    autostrade. La scarsa adeguatezza dei controlli sul ponte, anche
    da parte dei funzionari ministeriali, e la necessità di adottare
    provvedimenti urgenti come la “limitazione o la chiusura al
    traffico”. Si sapeva da decenni della corrosione ma i controlli
    non erano semplici. È, in sintesi, quanto ha detto Ivo Vanzi,
    componente della commissione ministeriale creata poco dopo la
    strage del 14 agosto 2018, docente universitario e membro del
    Consiglio superiore dei lavori pubblici, nel corso del processo
    per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime).
        Una lunga testimonianza sul lavoro svolto dai consulenti
    ministeriali che furono chiamati per accertare quanto successo e
    le possibili cause della tragedia. “Morandi – spiega Vanzi – era
    in apprensione per la corrosione che minava la tenuta
    complessiva dell’opera, generata dalla vicinanza al mare e
    dall’umidità”. L’opera era “una struttura ardita per l’epoca” ma
    il tipo di struttura (cioè con il calcestruzzo precompresso)
    venne poi abbandonata perché non veniva protetta dalla
    corrosione. Però le ispezioni distruttive sono “analisi molto
    delicate – continua Vanzi – perché bucare è facile ma
    ripristinare meno. È un processo molto delicato che rischia di
    non fare bene all’opera”. Le “prove riflettometriche”, cioè
    l’esame dei cavi dall’esterno con una sorta di radiografia, “era
    ciò che si poteva fare”. “C’erano però incongruenze tra le
    valutazioni, il voto numerico dato al difetto e al pericolo che
    poteva rappresentare, e il difetto stesso. C’era
    sottovalutazione dei difetti”. Vanzi ha anche affrontato il
    progetto del retrofitting, il rinforzo delle pile 9 e 10. “In
    alcuni allegati al progetto – spiega il docente – emergevano
    coefficienti di sicurezza inferiori a 1 per alcune parti del
    viadotto. Quel dato dovrebbe indurre a interventi immediati
    sulle parti non sicure, come un rinforzo, ulteriori indagini o
    la limitazione della struttura”. (ANSA).
       


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