Ponti, viadotti e gallerie: le quasi duemila “urgenze” delle Province rimaste sulla carta da 16 mesi. “Progetti pronti, mancano i soldi”

In provincia di Lecce, lungo la Sp 358 che unisce Otranto a Santa Maria di Leuca, c’è un ponte diventato un’attrazione per i turisti in cerca di un tuffo spericolato che aspetta uno stanziamento di 900mila euro per lavori di manutenzione su armature, copriferri, giunti e barriere. Nel Pisano il ponte al chilometro 11,400 della Sp 31 avrebbe bisogno di 400mila euro per “evidenti fenomeni erosivi” che rendono necessario un “consolidamento” delle fondazioni e delle travi. E ancora: situazione simile nel comune di Carunchio, lungo la Sp 212, e ancora a Voghiera, in provincia di Ferrara, lungo un viadotto-cavalcavia vicino al raccordo autostradale. A Bellano, nel Lecchese, si attendono 200mila euro per il “rivestimento interno della galleria in roccia” delle Tre Madonne, lungo la Sp 72 del Lago di Como.

L’allarme inascoltato di 16 mesi fa – Sono solo alcuni dei lavori catalogati come “urgenti” più di un anno fa dall’Unione delle Province nel dossier preparato e consegnato al governo Lega-M5s in seguito al crollo del ponte Morandi. Il ministero delle Infrastrutture, all’epoca guidato da Danilo Toninelli, aveva chiesto una catalogazione dello stato delle opere in gestione, così dal Piemonte a Reggio Calabria gli uffici si erano messi in moto. Ne era venuto fuori un quadro preoccupante: 1.918 tra ponti, viadotti e gallerie gestiti da 76 Province italianenecessitavano di interventi urgenti in quanto già soggetti a limitazione del trafficoo della portata, se non chiusi. Era il 4 ottobre 2018 quando Ilfattoquotidiano.itanticipò la mappatura. A 16 mesi di distanza, la situazione è rimasta sostanzialmente identica: le urgenze restano tali, i lavori sono sulla carta tranne che per i ponti sul Po. Un allarme inascoltato per il quale l’Unione delle Province italiane è tornata alla carica durante un faccia a faccia con il presidente del Consiglio Giuseppe Conteavuto nel pomeriggio di martedì.

Il Piano delle piccole opere a Conte – Per questo, durante l’incontro con il premier definito “molto positivo” con “aperture” all’avvio del confronto sulla revisione della riforma e “molta attenzione” al dossier investimenti, l’Unione delle Province ha chiesto al premier un Piano delle piccole opere che “consentirebbe tra il 2020 e il 2021 l’apertura di più di 3.200 cantieri” che costerebbero circa 4 miliardi in totale. Ma servirebbero “per restituire ai cittadini un patrimonio pubblico sicuro, moderno, efficiente” e allo stesso tempo per “assicurare alle imprese locali nuove possibilità di rilancio”. Nel tavolo a Palazzo Chigi l’Upi ha ricordato anche la “evidente sperequazione” tra le risorse a disposizione di Anas “per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei 30mila chilometri di rete viaria gestita” a fronte di quanto a disposizione di Province e Città metropolitane per la manutenzione degli oltre 121mila chilometri di strade.

I soldi “reali”: 400 milioni in 3 anni – Di fronte a questi numeri non basta quella “rinnovata attenzione” riconosciuta dall’Unione delle Province agli ultimi provvedimenti finanziari varati dal governo. Tra legge di Bilancio 2020 e decreto Milleproroghe ci sono in ballo incrementi di fondi per un totale di 3,4 miliardi tra il 2020 e il 2034. Solo poco più del 10 per cento sarà però disponibile nel triennio 2020-2022: 50 milioni nei prossimi mesi, 100 il prossimo anno, 250 milioni per il 2022. Oltre alla possibilità di accedere al fondo enti locali che cofinanzia, fino a un massimo del 80%, la redazione di progetti finalizzati alla messa in sicurezza degli edifici e delle strutture pubbliche. Intanto su strade provinciali e ponti o sotto le gallerie in gestione continuano a passare ogni giorno migliaia di automobilisti. E non è solo una questione di potenziali rischi, ma anche di occasioni mancate. La Provincia di Arezzo, per dire, avrebbe bisogno di poco più di 1 milione di europer mettere in sicurezza 3 ponti e allargare la sede stradale della Sp 540 all’altezza del comune di Bucine. Un progetto ritenuto importante per la viabilità del Valdarno, oltre che per la zona industriale e lo sviluppo turistico della Valdambra perché quella strada è la più rapida e veloce verso Siena. Il Fatto Quotidiano