Processo Mazzini, Pagliai: “Oggi abbiamo dimostrato in Aula che Podeschi e la Baruca hanno fatto mesi di carcere per nulla!”. All’attacco del teste anche il difensore di Mirella Frisoni …. di Enrico Lazzari

TribunaleCome nella seduta mattutina, nel pomeriggio al Palazzo di Giustizia dei Tavolucci, il Direttore dell’Aif Nicola Veronesi è stato incalzato, pressato dai legali di difesa, fra cui Federico Fabbri Ercolani, difensore di Mirella Frisoni, Anche in questo caso, come in mattinata fatto dagli avvocati Annetta e Pagliai, le domande rivolte dal legale al teste erano finalizzate a comprendere su quali basi oggettive il rapporto Aif definisse false le fatture emesse dalle società della stessa Frisoni, condizione -ovvero reato presupposto- essenziale per avvalorare il reato di autoriciclaggio.

Come in mattinata, il Direttore dell’Aif non ha soddisfatto la difesa che resta arroccata sulla convinzione che il reato presupposto non esista o, perlomeno, non sia stato circostanziato.

Ma anche nella seduta pomeridiana il colpo più violento verso l’accusa l’hanno mosso i legali di Claudio Podeschi e Biljana Baruca, ovvero Massimiliano Annetta e Stefano Pagliai, supportati dal sammarinese Achille Campagna. Un colpo che, per certi versi, trasforma gli accusatori in quasi imputati.

Vediamo perchè. Dopo aver -a loro modo- dimostrato che al di là di “condizioni, soggetti, movimenti” addotti da Veronesi, l’unico elemento oggettivo che avrebbe indotto la magistratura sammarinese ad aprire il fascicolo 769/2012, incentrato sui famosi 2,5 milioni trasferiti dal conto elvetico di Black Sea Pearl a quello sammarinese della Clabi, sarebbe stata una non esplicita comunicazione in cui le autorità svizzere comunicavano di aver aperto una indagine su presunte e non meglio precisate connessione fra la stessa Black Sea Pearl e le vicende di Vanangels Connections, associazione malavitosa lettone capace di spaziare dal traffico di droga a quello di armi.

La deduzione logica fu: Black Sea Pearl ricicla i soldi di Vanangels Connections e quindi nelle casse di Clabi son finiti soldi sporchi. Da qui l’ipotesi di accusa di riciclaggio… Peccato che, come emerso chiaramente oggi nel dibattimento, ben quattro mesi prima del provvedimento di custodia cautelare emesso nei confronti di Podeschi e della Baruca, il giudice inquirente elvetico abbia depositato la richiesta di archiviazione non avendo individuato elementi in grado di suffragare la tesi accusatoria. Anzi, Black Sea Pearl, sembra, venne addirittura risarcita delle spese legali.

Pagliai, in chiusura di udienza, ricordando che “come dimostrato dalla testimonianza del Veronesi”, quella indagine elvetica era l’unica ombra concreta sull’operato di Clabi, ci è andato giù durissimo avanzando al Giudice la richiesta di approfondimenti sul perchè e a causa di chi il decreto di archiviazione che, secondo lui, ma, in fondo, anche secondo quanto emerso in questa prima udienza, avrebbe fatto decadere le accuse nei confronti dei suoi assistiti relativamente al fascicolo Clabi, si sarebbe smarrito o sarebbe stato ignorato. Del resto, secondo le conclusioni che si possono trarre dopo l’esame del primo teste, quel decreto di archiviazione da solo avrebbe potuto smontare fin sul nascere una indagine che è costata mesi e mesi di carcere a due individui… In tal senso Pagliai, a seduca ormai chiusa, è lapidario: “Oggi abbiamo dimostrato in Aula che Podeschi e la Baruca hanno fatto mesi di carcere per nulla”.

Oggi la seconda puntata di questa nuova sessione del processo Conto Mazzini che si annuncia lungo e ricco di colpi di scena…

Enrico Lazzari