Seconda udienza, oggi, in Corte d’Assise del processo a padre Gratien Alabi, l’ex vice parroco di Ca’ Raffaello accusato di aver ucciso Guerrina Piscaglia, la casalinga scomparsa dal paesino dell’alta Valmarecchia il 1° maggio 2014. Per gli inquirenti sarebbe stato lui ad ammazzarla, per poi occultarne il corpo. Alabi, nonostante abbia ottenuto gli arresti domiciliari dal tribunale del Riesame a inizio dicembre, è ancora in carcere ad Arezzo. Lo aspetterebbe il convento romano del suo ordine religoso, ma la mancanza del braccialetto elettronico per controllare i suoi spostamenti, costituisce un ostacolo insuperabile. Questa mattina, comparirà intanto davanti ai giudici dell’Assise di Arezzo. In aula saranno ascoltati i primi della lunga lista di testimoni: i suoceri di Guerrina, Benito e Giovanna Alessandrini. Ma anche zia Rosa, e i cognati, Gabriele e sua moglie. Mentre il marito Mirco, costituitosi parte civile, sarà seduto tra i banchi con le sorelle e la cugina della Piscaglia.
Il pool difensivo, composto dagli avvocati Riziero Angeletti, Francesco Zacheo e Sergio Novani, è pronto a ‘sparare’ una serie di eccezioni. Anche se smontare il castello accusatorio, costruito dal pubblico ministero Marco Dion, dopo mesi di accurate indagini, non sarà facile. L’accusa parte da un dato di fatto che considera acclarato: il cellulare di Guerrina era nelle mani di padre Gratien il pomeriggio di quel 1° maggio, come testimoniano gli sms partiti dal telefonino verso numeri che solo il religioso congolese conosceva.
Da oggi la Corte d’Assise viaggerà a ritmo spedito, in un ricco dibattimento con oltre 100 testimoni. (…) Il Resto del Carlino
