
Il Qatargate potrebbe non essersi esaurito con il fermo di quattro persone e l’apposizione dei sigilli negli uffici degli assistenti parlamenti a Strasburgo e a Bruxelles. Le ipotesi sul tavolo dei magistrati belgi potrebbero aprire scenari ancora più inquietanti sullo scandalo che sta gettando ombre sulla massima espressione democratica europea. Per il momento, infatti, nessun parlamentare è indagato ma una delle ipotesi sul tavolo della procura federale fa tremare i polsi.
Potrebbe, infatti, esserci il coinvolgimento di diretto di alcuni deputati europei nello scandalo che sta animando i corridoi dei due palazzi europei principali. Infatti, non è escluso che alcuni parlamentari siano a libro paga del Qatar, ossia che esistano pacchetti di voto spendibili in caso di necessità e dietro un preciso corrispettivo in denaro. Ovviamente, si tratta di ipotesi investigative ancora tutte da confermare, che dovranno essere valutate nelle prossime ore, ma questa pare sia una delle strade seguite dagli inquirenti per arrivare alla soluzione del caso. Il sospetto è che i presunti affari a favore del Qatar non siano stati episodi isolati, ma nascondano in realtà una struttura ben organizzata.
I magistrati di Bruxelles, anche grazie alle rivelazioni di Francesco Giorgi, uno degli arrestati che ha deciso di collaborare con i magistrati, vogliono arrivare fino in fondo. Il sospetto che qualcuno possa aver avviato pratiche corruttive all’interno del parlamento europeo allo scopo di moderare la posizione del Parlamento in merito alle violazioni di diritti umani nell’emirato del Golfo sta prendendo sempre più forma. Al momento sono stati trovati oltre un milione di euro in contanti, in banconote da 20, 50 e 100 euro, in diverse sacche custodite nelle abitazioni di Antonio Panzeri e di Eva Kaili. I due si trovano agli arresti insieme a Francesco Giorgi e a Niccolò Figà-Talamanca. La moglie e la figlia dell’ex eurodeputato del Pd si trovano, invece, agli arresti domiciliari e per loro potrebbe venir emesso nei prossimi giorni un ordine di estradizione.
In relazione all’indagine che riguarda Antonio Panzeri e la sua Ong, la Fight Impunity, il portavoce della Commissione europea, Christian Wigand, durante briefing quotidiano con la stampa, rispondendo a una domanda sul Qatargate ha dichiarato che “non ha ricevuto alcun finanziamento da noi“. I fondi europei non sono mai arrivati alla Ong Fight Impunity anche perché, come ha spiegato la portavoce Dana Spinant, “non è iscritta nel registro per la trasparenza“.
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