La CSU dovrebbe concentrarsi maggiormente sui contratti piuttosto che sui massimi sistemi
Il sindacato – anzi la CSU – protesta, sbraita, scalcia, strepita, manifesta, sciopera su tutto: dalla finanziaria all’Europa alle pensioni alla riforma tributaria alla pubblica amministrazione e chi più ne ha più ne metta. Vorrei consigliare al sindacato di dedicarsi meno ai massimi sistemi (Europa, scambio automatico di informazioni ecc.) e di dedicarsi maggiormente ai contratti. Vorrei ricordare che il contratto 2007-2010 – già scaduto – non è stato siglato dai sindacati e che gli aumenti offerti dall’Anis, in un primo momento sdegnosamente rifiutati dalla Centrale Sindacale Unitaria, non si sa che fine abbiano fatto.
Forse sono stati tacitamente accettati? Comunque sia una pessima figura da parte del sindacato. Il prossimo contratto per il triennio 2011-2013 si prospetta sotto lo stesso canovaccio. Lo scoglio è sempre quello: la flessibilità del lavoro. Se ne parla poco, non è materia di dibattito pubblico la flessibilità, ma aleggia come un fantasma sopra l’economia manifatturiera del nostro paese.
L’economia del nostro paese è in crisi in quasi tutti i settori. L’ultimo pilastro del nostro sistema sono le grandi imprese industriali, quelle che più di altri reclamano a gran voce la flessibilità. Non vorrei che il sindacato a forza di dedicarsi alle discussioni sui massimi sistemi (Europa, scambio automatico di informazioni ecc.) perdesse di vista la sua vera mission: cioè quella di fare i contratti. E che si trovasse senza più materia prima (i lavoratori) per fare gli scioperi perché le grandi aziende se ne sono andate da San Marino. In una società globalizzata come la nostra, il capitale si sposta laddove trova le migliori condizioni per operare. E a San Marino cosa è rimasto degli asset che aveva un tempo e che lo rendevano luogo appetibile per fare investimenti?
Poi la CSU vuole dire la sua sulla riforma della P.A.: ebbene io dico che se c’è un settore dove il sindacato deve stare zitto questo è la Pubblica Amministrazione. Non si muove foglia nella P.A. che il sindacato non voglia. Trenta anni di cogestione governo-sindacato hanno prodotto lo sfascio che è sotto gli occhi di tutti. Per non parlare della riforma pensionistica: l’ultima riforma del 2005 – fatta sotto dettatura del sindacato – da parte di un allora Segretario alla Sanità acquiescente (perché comunista) non è servita a nulla. Ora ci risiamo: il sindacato vuole fare in proprio la propria riforma pensionistica!
Per concludere voglio dire questo: noi abbiamo un governo (democraticamente eletto) in carica da due anni e mezzo; lo si lasci lavorare per cinque anni dopodiché a fine legislatura il popolo deciderà se confermarlo o mandarlo all’opposizione. Così funziona la democrazia. Voglio altresì denunciare un fatto che succede, per il cittadino, da troppi anni: ovvero il corto circuito che avviene tra il momento del voto democratico con l’appartenenza ad un sindacato. Se la CSU vuole fare politica (anziché i contratti) faccia come stanno facendo alcuni industriali: si presenti alle elezioni; e poi vediamo quanti voti prende…E’ ora che il sindacato faccia i conti con la propria impopolarità.
Leonardo Raschi
Direttivo di Arengo e Libertà