Quella finta vittoria di Conte che ora sarà la sua condanna

Il nodo del Recovery Fund non è ancora sciolto. Giuseppe Conte ha saputo ottenere un risultato soddisfacente viste le premesse (rappresentate dal muro del falchi) ma quello che è apparso come il taglio del nodo di Gordio in realtà è più che altro una pericolosa apertura del vaso di Pandora. Per per rimanere nel campo della mitologia, un’Idra dalle molteplici teste: tagliata una (l’approvazione dell’accordo) ne sono saltate fuori altre, decisamente pericolose.

La questione è estremamente complessa. Conte ha saputo destreggiarsi nel ginepraio europeo con una credibilità messa a dura prova dal passato dell’Italia e dall’instabilità consegnata negli ultimi nani. Ma l’Italia da questo Consiglio europeo in realtà ne esce tutto sommato ridimensionata e decisamente più fragile. Sia da un punto di vista interno che internazionale.

A livello europeo, quello che risalta dopo il travagliato Consiglio sul Recovery Fund è che questa Europa è sempre più a trazione franco-tedesca, con una Angela Merkel incoronata imperatrice del Vecchio continente e la spaccatura dell’Ue in almeno quattro macro-aree : l’asse franco-tedesco, il gruppo dei falchi, il Gruppo Visegrad e i Mediterranei. Di queste tre aree, l’ultimo gruppo, di cui fa parte l’Italia, in realtà è un “non gruppo”. L’Italia, nel fronte mediterraneo ,si è ritrovata in realtà abbastanza sola visto che la Grecia e il Portogallo sono partner deboli e tutto sommato individuali, mentre la Spagna erode il consenso nei confronti dell’Italia sperando di strappare la terza posizione come potenza Ue, incalzata anche dai Paesi Bassi. I primi due, asse franco-tedesco e gruppo dei “frugali”, rappresentano i veri poli su cui si è strutturato l’accordo, mentre l’Italia è stata più che altro il contrappeso ideologico e politico posto al blocco del rigore e voluto in parte anche da Berlino. Roma, che pure ha provato a giocare la sua partita, si è trovata sola. Ma quello che più conta, a livello strategico, è che la perdita di alleanze certe e stabili in Europa si è aggiunta a una condizione esistenziale difficilissima: per poter ottenere qualcosa ha dovuto cedere sul fronte economico, politico e finanziario, assumendo le caratteristiche di una potenza “depotenziata” e controllata come un sorvegliato speciale. Vero che riceveremo soldi (prestiti e sovvenzioni) per centinaia di miliardi, ma questi soldi saranno concessi solo sulla base di riforme certificata dall’alto, con una considerazione decisamente scarsa nel resto dell’Unione e poi grazie all’ariete olandese è stato approvato il “freno d’emergenza”.

A questa condizione in chiave europea, che è di certo di debolezza e di controllo, si è unito il fronte interno, non certo dei migliori. Da un punto di vista politico, il Recovery Fund ha compattato la maggioranza soltanto nel momento in cui si è unita a Conte e ne ha approvato il suo operato. Ma a livello partitico le cose non vanno di certo a vele spiegate. L’approvazione delle condizioni imposte dal Recovery ha riaperto il grande problema del Mes, su cui il premier aveva provato una manovra di evasione. L’opposizione incalza sul rischio di una troika portata in modo sotterraneo da Conte, ma quello che preoccupa Palazzo Chigi è il fatto che molti, specialmente verso il centro, ora chiedano l’approvazione del Mes come garanzia dell’arrivo immediato di soldi. Il Movimento 5 Stelle ha da mesi iniziato una battaglia ideologica contro il vecchio fondo salva-Stati rivisto in base alla crisi post-coronavirus, ma adesso sia il ministro Roberto Gualtieri che Pd e Iv chiedono che si dia il via libera a quei soldi. A questo punto Conte rischia di essere messo all’angolo in patria quando l’Europa ha fatto finta di dimenticarsi del Meccanismo: perché accettare le condizioni (decisamente dure) dettate dalla Commissione europea per il fondo anti crisi e rifiutare invece quelle di spesa richieste per i miliardi del Mes? E tornano in auge le parole di tutti i leader europei nei confronti di Conte, dal socialista Pedro Sanchez ai falchi tedeschi: il Mes c’è, l’abbiamo cucito sopra di voi, ora usatelo. E si apre anche la partita su chi dovrà gestire i soldi: partita politica che però riguarda anche l’Europa visto che ogni movimento ha il suo referente in Ue.

La vittoria di Pirro, a questo punto, non sembra essere soltanto una suggestione dettata da malafede. Per molti Conte ha vinto, ma è una vittoria il cui prezzo può essere altissimo. Per l’Italia, apparsa sola e apprezzata solo quando ha ceduto alle richieste tedesche e francesi, ma anche per il governo, che ora può avere un problema ben più grande di quanto potessero credere gli entusiasti della prima ora. E visto che l’Europarlamento ha già dato delle prime botte al Recovery e che l’accordo dovrà essere approvato dai singoli parlamenti, la paura di un pantano politico che freni l’onda lunga dell’approvazione del Recovery può colpire come un boomerang l’esecutivo.


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