Ragusa. “Allah è grande, è l’Isis di più”.

IMMIGRATIUN MESSAGGIO choc, di quelli che fanno alzare il livello di allerta e alimentano l’incubo del terrorismo. «Allah è grande, ma l’Isis lo è di più», scandisce l’sms di un ventenne siriano fermato a Pozzallo (Ragusa) dopo essere sbarcato il 4 dicembre confuso tra altri 523 migranti, tratti in salvo dalla nave Bourbon Argos. Nelle dieci parole di quello short message, inoltrato chissà a chi per sottolineare la cieca fedeltà al sedicente Daesh e la convinzione che sia più potente anche del dio coranico, emerge solo fanatismo o anche affiliazione combattente, pronta a far uso di pistole e fucili?

DALL’ESAME del contenuto multimediale del cellulare del profugo, effettuato dalla Digos ragusana e dalla polizia postale di Catania, non ci sarebbero dubbi: oltre alla dichiarazione che esalta l’Isis, ci sono filmati di veri e propri atti legati alla Jihad. Il giovane è stato interrogato per oltre due ore dal gip di Catania Daniela Monaco Crea, dinanzi ai sostituti procuratori Andrea Bonomo e Alfio Gabriele Fragalà: il giudice si è riservato la decisione sulla sua posizione. L’indagine si è intanto spostata a Catania in quanto di competenza del pool antiterrorismo istituito presso la Dda del capoluogo etneo. Il timore, neppure tanto celato dei nostri inquirenti, è che il ventenne, arrivato sulle nostre coste prima del Giubileo, meditasse – da solo o in combutta con altri – di mettere a segno una qualche azione clamorosa sul territorio italiano in occasione dell’apertura della porta santa nella Capitale.

D’ALTRA parte, non è un mistero che, dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre, l’Isis avesse chiamato all’azione contro altre capitali europee. «Ora tocca a Roma, Londra e Washington», fu il minaccioso messaggio lanciato dopo il massacro del Bataclan. Ma il fermo del fanatico ventenne dell’Isis alimenta di nuovo il ciclone polemico sugli sbarchi dei migranti e sulla eventualità che le carrette del mare offrano ospitalità agli accoliti del Daesh. Nel dicembre 2014 la polizia aveva aperto un’indagine sulla presunta infiltrazione di terroristi dell’Isis nel porto di Catania. Negli stessi giorni risuonò l’allarme della magistratura di Palermo, che aveva sottolineato il rischio che i terroristi si nascondessero tra i disperati sbarcati sulle coste siciliane. «È una vicenda che risale a dieci giorni fa, frutto di un’operazione di controllo del territorio che ha funzionato: è un lavoro che per noi non ammette sosta», commenta il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Replica su Facebook il vicepresidente del Senato leghista Roberto Calderoli: «Ma come, Renzi e Alfano non avevano escluso categoricamente che i terroristi potessero arrivare sui barconi, affermando che casomai arrivano in aereo e prendendosi gioco di chi sosteneva il contrario? Ci stiamo tirando in casa un cavallo di Troia che da un momento all’altro potrebbe rivelare in modo tragico il proprio tremendo contenuto», conclude.

La Stampa