LE BOMBE russe cascano anche su Raqqa, la capitale dell’autoproclamato Stato Islamico. I cacciabombardieri Sukhoi SU34 hanno preso di mira un posto di comando a Kasrat Faraj, sud est della città, e un campo di addestramento 70 chilometri a est facendo – secondo l’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo – 12 morti tra i jihadisti. E molti altri tra i civili. Secondo la Coalizione nazionale siriana, che chiede all’Onu di «fermare l’aggressione russa», i civili uccisi sono già 60. In serata Obama critica i raid russi. «Con Putin abbiamo parlato della necessità di una transizione politica in Siria. Ma sono stato chiaro: non si può riabilitare Assad. La visione del presidente russo è un disastro. I raid rafforzano l’Isis. Il motivo per cui Assad è ancora al potere è perché la Russia e l’Iran sono stati disposti a sostenerlo. Noi non cooperiamo con una campagna che mira a distruggere chi ne ha abbastanza del regime di Assad».
A Raqqa, come a Hama, c’è un clima tale che è stata cancellata la preghiera del venerdì. Ma tra i jihadisti la paura dilaga anche se l’Isis, per tenere alto il morale dei suoi, ha lanciato un’offensiva contro l’esercito siriano a Deir El Zor. Di sicuro le province colpite dai raid russi sono almeno cinque: Homs, Hama, Aleppo, Idlib e Raqqa. E per questo le Nazioni Unite hanno annunciato ieri di aver sospeso l’intervento umanitario «nelle zone interessate dall’aumento delle attività militari».
L’offensiva è martellante e secondo il presidente della commissione Esteri della Duma, la camera bassa del parlamento russo «durerà tre o quattro mesi». Il leader ceceno Ramzan Kadyrov, filoputiniano di ferro e musulmano, ha intanto annunciato che è pronto a fornire truppe speciali per combattere «contro i diavoli dello Stato Islamico». Dopo la notizia dei soldati e pasdaran iraniani in Siria, ieri smentita da Teheran, è altra benzina sul fuoco.
IL MINISTRO della Difesa russo ha comunicato che l’aviazione di Mosca ieri ha effettuato 14 sortite e fatto «6 bombardamenti su obiettivi dello Stato Islamico». Ieri mattina la stessa fonte aveva parlato di 18 raid compiuti nelle 24 ore precedenti su 12 obiettivi.
Ma resta alta la convinzione che colpire lo Stato Islamico sia solo una parte del lavoro dei jet russi.
«Esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per gli attacchi della forze aeree russe su Hama, Homs e Idlib di ieri che hanno causato vittime civili e che non erano destinate ad abbattere postazioni dell’Isis» si legge in un comunicato firmato dai governi di Francia, Germania, Qatar, Arabia Saudita, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti, che chiodo di attaccare solo lo Stato Islamico. Lo stesso messaggio è stato dato ieri dal presidente francese Hollande in un bilaterale di oltre un’ora con il presidente Vladimir Putin. «Ho insistito – ha detto – che l’Isis è il nemico che dobbiamo combattere». «Abbiamo detto che l’Isis è il nemico ma la soluzione militare non basta, bisogna trovare una soluzione politica», ha detto la cancelliere Angela Merkel dopo il vertice sull’Ucraina con Hollande, Putin e Poroshenko. E su questo sta lavorando l’inviato speciale per la Siria, Staffan De Mistura.
UN PRIMO risultato è che il regime siriano ha accettato di prendere parte ai nuovi colloqui di Ginevra, sotto l’egida dell’Onu, finalizzati alla convocazione di una conferenza internazionale di pace da tenersi secondo lo schema di quattro comitati di esperti proposto dall’inviato speciale dell’Onu. Lo ha annunciato davanti all’Assemblea Generale il ministro degli Esteri di Damasco, sottolineando però la natura «preliminare e non vincolante» di tali consultazioni, che a suo dire consisteranno «essenzialmente in uno scambio di idee». È un passo nella giusta direzione, ma ancora piccolo.
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