Ravenna, il PRI ricorda Giovanni Spadolini nel centenario della nascita: “Un faro spento troppo presto”

Ricorre oggi, 21 giugno, il centenario della nascita di Giovanni Spadolini, storico, politico e giornalista tra le figure più autorevoli della Repubblica Italiana. A ricordarlo, in una nota diffusa questa mattina, è Eugenio Fusignani, segretario regionale del Partito Repubblicano Italiano (PRI) dell’Emilia-Romagna, che ne celebra la grandezza culturale e politica definendolo “un faro spento troppo presto”.

«Il 21 giugno 1925, a Firenze, nel giorno in cui la luce trionfa sull’ombra, nasceva Giovanni Spadolini», scrive Fusignani, tracciando un parallelo simbolico tra il solstizio d’estate e la figura dello statista toscano. «Con lui, nella cultura e nella vita politica italiana, la luce del pensiero, della competenza e della coerenza ha davvero brillato».

Nella sua carriera, Giovanni Spadolini fu il primo Presidente del Consiglio non democristiano, segnando «una svolta civile e culturale nella guida del Paese». Alla guida del governo, fu protagonista della reazione democratica all’oscura stagione del terrorismo politico degli anni ’70 e ’80. Fu anche Segretario nazionale del PRI, raccogliendo l’eredità di Ugo La Malfa e portando il partito “al massimo storico sul piano del consenso”, sottolinea il comunicato.

Spadolini è ricordato anche come giornalista di razza: già direttore de Il Resto del Carlino, assunse poi la guida del Corriere della Sera, che contribuì a rilanciare come “faro del pensiero laico e liberale”. Fu Ministro della Pubblica Istruzione, dove rilanciò il valore della scuola pubblica, e Ministro della Difesa, ruolo nel quale introdusse «sobrietà e rispetto per le istituzioni militari».

In qualità di Presidente del Senato, fu garante imparziale e rispettato delle istituzioni parlamentari, fino al breve incarico, nel 1992, come Presidente della Repubblica facente funzione, primo laico a ricoprire quel ruolo nella storia italiana.

Fusignani ricorda con amarezza anche l’ultima delusione politica subita da Spadolini: nel 1994, gli venne negata per un solo voto la riconferma alla Presidenza del Senato. «Non fu solo un errore istituzionale – scrive – ma il segno che l’Italia stava cambiando, e non in meglio». La nota denuncia l’avvento del berlusconismo, che «con la sua potenza mediatica e la spregiudicatezza» avrebbe rappresentato una rottura con il rigore etico incarnato da Spadolini.

«E quella delusione profonda, così umana e così civile insieme, accelerò con ogni probabilità il decorso del male inesorabile che già lo affliggeva», prosegue Fusignani. «Il corpo cedette di fronte al dolore morale di vedere sgretolarsi ciò che con tanta fatica aveva contribuito a costruire».

Nel centenario della nascita, la figura di Giovanni Spadolini torna oggi di drammatica attualità. «In un’epoca in cui la superficialità domina, dove i social mettono sullo stesso piano l’ignoranza e la cultura, dove chi crede di sapere sovrasta chi davvero conosce – conclude Fusignani – manca disperatamente una figura come Spadolini. Un uomo per il quale la cultura era impegno civile, lo studio era servizio alla Repubblica, la politica era alta pedagogia collettiva».

Sulla sua tomba, nel cimitero fiorentino delle Porte Sante, una sola epigrafe: “Un italiano”.

E, aggiunge Fusignani, «che italiano!».