«ERANO semplicemente i miei figli, bravi e intelligenti. Non meritavano di morire e nemmeno la loro mamma». È un sentimento di angoscia, quella vissuta da Alfredo Baioni nell’ultima settimana. Dalle gioie del viaggio a Londra, dal quale erano tornati tutti insieme pochi giorni fa, a quell’ultimo tragitto in macchina verso la casa estiva di Marina Romea, dove ad accoglierlo ha trovato i vigili del fuoco e una tragedia troppo grande da sopportare.
Direttore generale della filiale russa di un’impresa di Modena che realizza macchinari per il movimento terra, Alfredo Baioni era il padre di Alessandro e Federico, 12 e 8 anni, ed ex marito di Claudia Torsani, 45: le tre vittime di un incidente domestico tanto banale quanto terribile, avvenuto la sera tra il 14 e il 15 agosto nella villetta di via dei Tigli. E mentre le indagini proseguono alla ricerca di cause e responsabilità, due famiglie, i Baioni e i Torsani, ieri mattina si sono unite nel dolore. Dalla casa di Roncalceci, frazione ravennate, dove Claudia viveva insieme ai due figli, Alfredo esce sorretto da un amico. Dietro di lui il fratello di lei, Fabrizio Torsani, e la cognata. «Quanto è accaduto non trova giustificazione. Come è possibile che un semplice caricabatteria possa scatenare tutto ciò?».
Anche il parroco di Roncalceci, don Ugo Salvatori, che ieri mattina ha ricordato la famiglia durante la messa, non se ne fa una ragione. «Avevo cresimato Alessandro tre anni fa. Erano due bambini vivaci, allegri. E la mamma una donna gentile». Gli elementi da chiarire sono ancora molti. Perché tre vite spezzate, anche se per una fatalità, devono trovare una risposta. Con le autopsie di oggi gli inquirenti potranno scoprire i primi importanti elementi: cause e ora della morte. Monossido di carbonio o cianuro, sprigionato poiché contenuto in certi arredi, hanno soffocato Claudia, Alessandro e Federico mentre erano nella stanza da letto sul soppalco?
PIÙ COMPLESSO risalire al fattore scatenante dell’incendio. Le ipotesi, considerando i cavi sciolti e i tre oggetti bruciati sul bracciolo del vecchio divano, fanno presupporre il corto circuito di un trasformatore o il surriscaldamento di una batteria. I parenti: «Forse è stato il tablet». La domanda resta però una sola. Per quale motivo non sia scattato il salvavita? Su questi elementi dovrà far luce il perito che la Procura nominerà oggi. E non si escludono verifiche sull’impianto elettrico e sulla società che lo ha realizzato. Il Resto del Carlino