Referendum costituzionale 2016. Renzi: ho perso io, mi dispiace «E ora dimissioni irrevocabili»

renziMatteo Renzi annuncia le sue dimissioni «irrevocabili» da premier col sorriso sulle labbra, nonostante l’emozione trattenuta a stento e un grosso groppo in gola. Lo fa da palazzo Chigi, nel salone dei Galeoni, con la bandiera dell’Italia, che più volte cita, giusto dietro e la moglie Agnese, in maglione bianco, in un angolo. Appartata e commossa, ma vigile. Silente, ma presente. Li aveva promessi, sia le dimissioni sia il sorriso sulle labbra, rito del passaggio della campanella compreso. A lui Letta gliela lasciò cupo e rancoroso, e Renzi non mandò mai giù quello scampanellìo dispettoso. Col sorriso dice: «Grazie Agnese, ai miei figli e tutti voi. Per me è il tempo di rimettersi in cammino. Torneremo a vincere». Domani Renzi farà un discorso in Direzione, da segretario del Pd ormai di fatto dimissionario.
Ma ieri notte c’era da discutere il futuro o meno di Renzi premier. Nelle più ottimistiche previsioni si era parlato di un premier successore di se stesso o pronto a passare il testimone a uno dei suoi (Padoan, ad esempio) in caso di passaggio non traumatico con una figura da lui indicata e più o meno la stessa maggioranza. Ma quando Renzi, nel tardo pomeriggio di ieri ha iniziato a percepire l’entità della sconfitta (un 60% a 40% bruciante, definitivo, senza appello: la linea del Piave era fissata al 45%), la scelta è diventata subito chiara. Restare a palazzo Chigi e annunciare da lì, con una conferenza stampa poco dopo la mezzanotte, le dimissioni, è stato un tutt’uno. Una scelta di testa come di pancia.
«Io ho perso – spiega il premier ormai dimissionario – e nella politica italiana non perde mai nessuno. Lo dico a voce alta, anche se col nodo in gola: non siamo robot, se uno perde non può far finta di nulla. Dopo mille giorni e mille notti, bisogna scattare, non galleggiare». Poi arriva il passaggio chiave: «L’esperienza del mio governo finisce qui. Domani (oggi, ndr) riunirò il cdm, ringrazierò i miei ministri per lo straordinario lavoro fatto e salirò al Quirinale per rassegnare le mie dimissioni». Poi assicura: «Tutto il Paese sa che può contare sulla guida sicura e salda del presidente Mattarella» con cui, ieri notte, Renzi ha avuto una breve conversazione telefonica: il Capo dello Stato ha cercato di convincerlo, inutilmente, a restare.
E così, dopo le citazioni di De Gregori e i diversi passaggi in cui il premier ha quasi gridato, anche se con la voce rotta dall’emozione, «viva l’Italia!», ed esaurita un po’ di narrazione nazionalpopolare «alla Renzi», a partire da Baden Powell, padre dei boy scout, si passa alla parte più politica e più tosta della conferenza stampa di addio. Il Resto del Carlino