Renzi riapre il cantiere pensioni «Tocca ai ministri studiare il modo»

Matteo RenziCACCIATA via dalla porta, la flessibilità pensionistica potrebbe rientrare dalla finestra. Magari in una prima versione soft e poco costosa: non per tutti, ma per coloro che perdono il lavoro a pochi anni dal pensionamento e come prestito-anticipo da restituire a piccole rate successivamente.
A riaprire il cantiere previdenza, dopo averlo aperto e chiuso ripetutamente, è ancora una volta Matteo Renzi, che sull’
Unità scrive: «Ho chiesto a Padoan e Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita. Spero che riusciremo a trovare un primo rimedio già con la legge di Stabilità».

POCHE parole, ma quanto basta per riaccendere nei pensionandi quelle speranze che prima lo stesso premier, a inizi settembre, e poi il ministro dell’Economia, due giorni fa in pieno Parlamento, avevano rinviato a occasioni migliori. E non è un caso che sempre ieri Pier Carlo Padoan abbia insistito sul rigore: «I principi fondamentali del sistema pensionistico italiano, che è molto stabile e solido, devono essere preservati». Mentre ha lasciato intendere che per quanto riguarda gli esodati una soluzione andrà trovata proprio nella manovra imminente: «Vedremo che cosa si può fare».
Continua, dunque, lo stop and go sui pensionamenti flessibili. Ma, in attesa di verificare dove si fermerà la pallina della roulette, rimettiamo in fila le ipotesi in ballo. La proposta più «ampia» è quella di Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta: prevede un meccanismo che permetta di lasciare il lavoro anche a 62 anni di età e 35 di contributi, sia pure con una penalità massima dell’8% (2% l’anno) che si riduce fino a azzerarsi se si va via al raggiungimento della normale età pensionabile. Sulla stessa falsariga le altre iniziative – quota 100 o 41 anni di contributi secchi – della Lega e di altri gruppi politici. I tecnici dell’Inps di Boeri, però, hanno stimato costi elevatissimi per soluzioni di questo tipo. Ma proprio il professore bocconiano ha messo a punto un’altra via verso la flessibilità che, fondata su un calcolo sostanzialmente contributivo dell’assegno, comporta una penalizzazione che può arrivare anche al 15 per cento. Una formula più limitata è quella del cosiddetto Apa, l’assegno pensionistico anticipato, lanciata dall’ex ministro Giovannini.
In pratica, i lavoratori che perdono il lavoro, o rischiano di perderlo a pochi anni dal pensionamento, potrebbero richiedere un anticipo della prestazione (700 euro mensili) da restituire a rate sulla futura pensione. E potrebbe essere proprio questa misura quel primo rimedio di cui ha parlato Renzi.
Sugli altri due capitoli della partita previdenziale, esodati e opzione donna (la possibilità delle lavoratrici di lasciare in anticipo anche nel 2015 ma con calcolo interamente contributivo dell’assegno), le carte sono più definite. Giovedì prossimo Padoan e Poletti dovranno dare il verdetto finale in commissione lavoro alla Camera. «I tecnici del Mef – ha avvisato Damiano – hanno dichiarato che le risorse risparmiate nel 2013-14 non esistono più. Si tratta di una tesi inaccettabile, di uno scippo di 500 milioni di euro accantonati». Che, dunque, per il presidente dem dell’organismo parlamentare non potrà essere riproposta.

Il Messaggero