Riccione. Crac Pepenero, rinvio a giudizio per otto persone.

pepeneroL’accusa è concorso in bancarotta. E la bancarotta riguardava la ‘Calderone srl’ (società dichiarata fallita il 30 gennaio 2012) che conteneva il famoso night club di Riccione, il ‘ Pepenero’ ed altri immobili, inclusa una villa a Misano. Per quel crac il gup Sonia Pasini ha accolto le richieste del pubblico ministero Luca Bertuzzi ed ha disposto il rinvio a giudizio di otto persone. Tra questi figura il notaio Alberto Parisio (difeso dall’avvocato Luca Moser), residente a Riccione e con studio a Bologna. Insieme a lui comparirà davanti ai giudici del tribunale collegiale il prossimo 17 maggio anche Francesco D’Agostino, (difeso dall’avvocato Giuliano Renzi) napoletano d’origine, ma già conosciuto per essere riuscito a mettere le mani in passato su locali come il «Lady Godiva» e «La Perla», finendo però in mantette nel luglio 2013 per estorsione ed usura. Con Parisio e D’Agostino sono stati rinviati a giudizio anche Eduardo D’Ippolito (assistito dall’avvocato Piero Venturi), Bianca Messore, Barbara Righetti (difesa dall’avvocato Monica Cappellini), Nello Boni e Mauro ed Ugo Pizzatti Santorelli. Tutto inizia nel 2008, secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, quando il notaio Parisio decide di acquistare la società Calderone srl, ossia la società che contiene il Pepenro ed altri immobili. Per fare questo investimento costituisce una società, le cui quote vengono detenute da due fiduciarie, una intestata a lui ed una alla moglie. Ma per perfezionare l’acquisto occorrono la bellezza di 13 milioni e mezzo di euro. Otto di questi milioni vengono concessi dai mutui. I restanti cinque vengono invece garantiti con un pegno ai venditori: Parisio si confida con Eduardo D’Ippolito e gli chiede di diventare amministratore della Calderone, ruolo incompatibile per lui che è notaio. Il bel sogno di Parisio però naufraga, non riuscendo a far fronte agli impegni. Per pagare i debiti avrebbe usato il patrimonio della società. Poi il colpo finale: si rivolge a Francesco D’Agostino tramite il suo ‘amico’ D’Ippolito. D’Agostino presta un’ingente somma al notaio con tassi che arrivano fino all’80% . La trappola, ormai, è stata tesa, ma il notaio non ci sta e denuncia tutto alla Finanza. Parte l’operazione ‘Tie’s friends’. Nell’agosto del 2013 scattano le manette per D’Agostino e D’Ippolito e in agosto i sequestri per cinque milioni di euro tra Pepenero, ristorante, sala Bingo e villa. Il resto è storia di ieri con il rinvio a giudizio per bancarotta degli otto protagonisti. Il Resto del Carlino