Riccione. Estorsione a suon di pallottole: condannati

pistolaLE BOTTE che gli avevano dato, non erano bastate, e nemmeno l’auto bruciata. Così, per ‘convincerlo’ a sborsare i soldi che sostenevano di dover avere, gli avevano crivellato la casa di colpi, con il rischio di ammazzare sua moglie. Alla sbarra, con le accuse di estorsione, incendio doloso, lesioni e detenzione illegale di arma da guerra, c’erano Muhamet Findo, 44 anni, macedone, imprenditore edile, i fratelli Michelangelo e Vincenzo Zangari, 42 e 41, anche loro piccoli imprenditori con precedenti penali, e la madre di questi, l’unica ad essere stata assolta. Findo, difeso da Moreno Maresi e Piero Venturi, è stato condannato a 7 anni di carcere, 7 anni e mezzo per Michele e 6 anni e tre mesi per Vincenzo, assistiti da Cesare Brancaleoni.
I FATTI sono lontani nel tempo e risalgono al dicembre del 2005, quando erano cominciate le prime intimidazioni nei confronti della loro vittima, un imprenditore riccionese, da cui pretendevano 100mila euro, a saldo di un debito. La sua auto, un’Audi A6 aveva preso fuoco nel cortile di casa finendo in cenere, e non c’erano stati dubbi sul fatto che si era trattato di un gesto deliberato. Un avvertimento che si era ripetuto nel giugno del 2006, quando uno dei due fratelli Zangari l’aveva affrontato in un cantiere di Cesenatico e gli aveva rotto il naso a suon di pugni. O avrebbe pagato, gli avevano intimato, o sarebbero andati avanti. E così avevano fatto. La notte tra il 14 e il 15 agosto di quell’anno, gli estorsori erano andati sul pesante. ‘Qualcuno’ aveva fatto il tirassegno con casa del riccionese. Avevano sparato a ripetizione e ad altezza d’uomo 14 colpi su tutti e tre i piani della villetta, rischiando di colpire la moglie dell’uomo che era scesa in cucina proprio in quel momento. Non c’erano stati feriti, ma solo per un miracolo.
LE indagini dei carabinieri avevano portato al terzetto quasi subito, e un testimone della sparatoria aveva riconosciuto in Michelangelo Zangari l’uomo che aveva esploso quei colpi. Erano partiti così appostamenti, pedinamenti e intercettazioni, e alla fine i carabinieri della Compagnia di Riccione avevano ricostruito il quadro per intero. Il 29 settembre erano scattate le manette e ieri, a quasi 10 anni dai fatti, è arrivata la condanna.

Resto del Carlino