Riflessioni sulla rigenerazione di Rimini. Caro Diario … di Stefano Benaglia

aro Diario, come ogni fine estate si iniziano a fare i conti. Tralasciando i soliti proclami che incravattano il baghino per farlo sembrare comunque più bello, vorrei soffermarmi sulla proposta fatta dal presidente di Conflavoro Della Vista. La proposta è piuttosto semplice nella sua forma e nell’esposizione: demolire al mare e spostare a monte quella cubatura per nuovi insediamenti abitativi. 

Insomma la risposta al turismo è costruire nuove case, qualcuna anche in edilizia convenzionata o alloggi popolari, senza specificare in quale percentuale. Al posto degli ex hotel parcheggi o non meglio specificati servizi. 

Alcune riflessioni:

L’emergenza turistica è devastante e come prima e sola soluzione ci viene detto che le pensioncine devono essere demolite per costruire nuove case. Capisco che a Rimini costruire case e palazzine sia da sempre la soluzione ai problemi dell’economia, ma appare un tantino coraggioso definire questa operazione un tentativo di rilancio del nostro sistema di accoglienza. 

Se si usano queste idee come chiave di lettura si trovano spiegazioni di alcuni movimenti che si iniziano a vedere sui nostri territori, come se questa strada non fosse solo dichiarata da poco sui giornali, ma sia già al centro di numerose attenzioni da parte di ben informati e speculatori di mestiere, che da qualche anno stanno cercando di accaparrarsi terreni a monte della ferrovia e facendo shopping di vecchie pensioncine chiuse, comprate a prezzo di saldo. Un piano ben architettato ha necessita di varie fasi per essere digerito e presentato all’opinione pubblica.

Sottolineo che l’uscita dal mercato di numerose pensioni o hotel di piccola dimensione andrà a penalizzare maggiormente il turismo di Rimini Nord, che ha nel suo tessuto tante piccole realtà che saranno stravolte da questa possibilità, condannando una porzione di città a diventare il famoso dormitorio. Tutta la fascia turistica già oggi in difficoltà verrà spolpata definitivamente delle piccole realtà commerciali, spostando a monte della ferrovia la vita quotidiana dei residenti che troveranno i pochi servizi e i supermercati dei soliti amici. Una logica che appare orientata ad eliminare i residenti dalla fascia turistica per far si che si possa disporre a piacere della prima linea, con tutti i rischi di sicurezza e ordine pubblico che una zona spopolata comporta.

Caro Diario, invece di pensare a come rigenerare il presente a Rimini si pensa sempre e solo a costruire. La nostra città ha bisogno di servizi adeguati, non di nuove costruzioni. Sono tanti i settori in cui secondo me è ora di intervenire: una copertura internet veloce e funzionante non solo sulla carta, servizi di prossimità e di prima urgenza aperti e garantiti, una mobilità pubblica che funzioni e che colleghi i territori anche distanti, una profonda riflessione sul ruolo dei comitati turistici, una revisione sul funzionamento della nostra agenzia di promozione del territorio Visit Rimini che forse non ha saputo convogliare i vari attori in campo, un piano di incentivi concordato con le associazioni di categoria per l’apertura di nuovi e moderni punti di ristoro che diano una risposta tangibile alla chiusura delle cucine, la creazione di nuovi turismi che vadano oltre il balneare e che riescano ad affiancarsi alla nostra offerta fieristica e congressuale. Ma il più importante è accettare il fatto che siamo in crisi nera e profonda, svincolarci da questa pantomima sui numeri delle presenze e dal servilismo di alcune associazioni di categoria. Come ho scritto altre volte è il momento del coraggio, di quella ignorantezza romagnola che ci fa buttare il cuore oltre l’ostacolo e che ci contraddistingue da sempre. 

Non case, ma opere di bene.

Stefano Benaglia 

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