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Articolo in aggiornamento
È partito ufficialmente il confronto tra governo e opposizioni sulle riforme costituzionali, un passo ritenuto necessario per garantire stabilità politica al nostro Paese. Il dialogo con i partiti al di fuori della maggioranza è doveroso, ma il presidente Giorgia Meloni ha avvertito: “Se gli altri decidono pregiudizialmente di non confrontarsi sulle riforme, nessuno pensi che rimarremo con le mani in mano“. In sostanza non verranno accettati veti o tentativi di ostruzionismo da parte della sinistra.
La posizione di Meloni
Meloni, nel cercare un dialogo più ampio possibile con le forze parlamentari, ha fatto una premessa chiarissima riguardo l’instabilità che spesso ha colpito l’Italia: “Indebolisce inevitabilmente i governi, li ostacola, e ci indebolisce a livello internazionale“. A tal proposito ha citato gli esempi della Francia e della Germania: “Nel periodo di 20 anni in cui noi abbiamo avuto svariati governi, la Francia col sistema semipresidenziale ha avuto quattro capi di governo e la Germania tre cancellieri“.
Il presidente del Consiglio ha fatto notare che la stabilità va vista come un fattore essenziale per poter contare su una visione di lungo periodo e su una strategia di investimenti efficace. “Questa è la ragione per la quale dobbiamo mettere le mani alle riforme istituzionali“, ha spiegato. Poi ha replicato a chi sostiene che tutto ciò non rappresenterebbe una vera priorità del momento: “Credo che invece questa sia la più potente riforma economica che possiamo realizzare“.
Un altro punto è quello relativo alla disaffezione dei cittadini alla politica che, secondo Meloni, è figlia “di una sensazione che a volte i cittadini hanno avuto, di un voto che veniva espresso e che però non veniva sempre adeguatamente considerato“. Dunque il venir meno del vincolo tra rappresentante e rappresentato è considerato “uno degli elementi che hanno allontanato i cittadini dalla partecipazione al voto“.
Il “no” del M5S
Dal suo canto Giuseppe Conte ha affermato che è stata condivisa una diagnosi su alcune criticità, mentre sulle soluzioni non è emersa una convergenza: “Non è arrivata una condivisione. Siamo per soluzioni sensate e anche per un rafforzamento dei poteri del premier ma in un quadro equilibrato“. A suo giudizio non può essere toccata la funzione del presidente della Repubblica: “È di garanzia e serve alla coesione nazionale, ha un ruolo chiave“.
Dunque è arrivato un “no” all’ipotesi presidenzialismo e premierato. Il presidente del M5S si è detto favorevole a una commissione parlamentare costituita ad hoc “che possa dedicarsi con continuità e costanza a questa prospettiva“. Conte ha chiesto di “non coltivare l’ambizione di trapiantare modelli completamenti diversi” e di evitare di procedere “a colpi di maggioranza“.
Il programma delle consultazioni
Il dialogo è stato inaugurato dalle 12:30 alle 14 dal Movimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte. Poi fino alle 14:45 sarà il turno delle Autonomie, seguite dal Terzo Polo (dalle 15:15 alle 16:15) e dalla componente di +Europa (16:15 – 16:45). Successivamente sarà ricevuto il gruppo di Verdi e Sinistra italiana (17:30 – 18:30). A chiudere il giro di “consultazioni” sarà il Partito democratico, chiamato al colloquio dalle 18:30 alle 19:45.
Agli incontri prendono parte anche Matteo Salvini e Antonio Tajani (vicepresidenti del Consiglio), Maria Elisabetta Alberti Casellati (ministro per le Riforme), Luca Ciriani (ministro per i Rapporti con il Parlamento), Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari (sottosegretari alla presidenza del Consiglio) e il costituzionalista Francesco Saverio Marini.
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