A quattro giorni dalla tragedia emergono nuovi dettagli sulla dinamica degli eventi. Gli uffici preposti a coordinare gli interventi per far fronte alla nevicata e alla mancanza di elettricità erano consapevoli già alle 7 del mattino di mercoledì 18 gennaio, una decina di ore prima della valanga, che la situazione del Rigopiano era estremamente difficile. Inoltre una mail inviata dal direttore dell’hotel Bruno Di Tommaso al Prefetto di Pescara, al presidente della Provincia, alla polizia provinciale e al sindaco di Farindola, spiegava che la situazione si era ulteriormente aggravata dopo le scosse di terremoto della mattinata: “Gli ospiti vogliono ripartire ma non possono per via delle strade bloccate”. Inoltre, segnalava il direttore della struttura, in assenza di corrente il gasolio del generatore elettrico si stava esaurendo. Ma nessuno è intervenuto.

La richiesta di aiuto. “Vi comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante. In contrada Rigopiano ci sono circa 2 metri di neve e nella nostra struttura al momento 12 camere occupate (oltre al personale). Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani, data in cui ci auguriamo che il fornitore possa effettuare la consegna. I telefoni invece sono fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino alla Ss42. Consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo. Certi della vostra comprensione, restiamo in attesa di un cenno di riscontro”.

Il Papa ricorda le vittime di Rigopiano: “Grazie ai soccorritori per l’aiuto”

Il giallo sulla turbina spazzaneve. Alle 7 della mattina di mercoledì 18 la Provincia di Pescara era già stata informata del fatto che per raggiungere l’hotel era necessaria una turbina. “A Rigopiano non si va”, viene riferito da un dirigente nella Sala operativa. Gli spazzaneve erano al lavoro dalle 3 e si erano dovuti fermare a un bivio che porta all’hotel. A quel punto scatta la ricerca della turbina. All’una ne viene rintracciata nell’Aquilano verso Rieti, ma sarebbero state necessarie ore per portarla nel Pescarese. Ma il mezzo che anche il presidente della Provincia Antonio Di Marco cercava disperatamente e che avrebbe potuto liberare la strada dell’hotel permettendo agli ospiti di salvarsi prima della valanga era là, vicinissimo. A una ventina di chilometri dall’albergo. Per tutta la mattina e il pomeriggio del 18 gennaio ha viaggiato tra i comuni di Penne e Guardiagrele. Sarebbe bastato che qualcuno, dalla Prefettura, l’avesse deviato in tempo su Farindola.

Le richieste di intervento. Alle 11.30 Di Marco si sente col governatore dell’Abruzzo, alle 13.30 scrive una lettera indirizzata al premier Gentiloni, al prefetto Francesco Provolo e al Comando dei vigili del fuoco, chiedendo “di avere a disposizione immediatamente mezzi turbina”. La Provincia sulla carta ne avrebbe due: una piccola a Passo Lanciano e un camioncino polivalente che però ha la trasmissione rotta: per ripararla servono tra i 10 e i 25 mila euro, ma i soldi non ci sono.

L’ora della slavina. Finora si è detto che l’orario della slavina era le 17.40. Gli investigatori però, dopo le prime testimonianze, ritengono di poterla anticipare tra le 16.30 e le 17. Quale che sia il momento esatto, l’albergo isolato inizialmente non è avvertito dalle autorità come un’emergenza. In quel momento una vasta area alle pendici del Gran Sasso si trova senza luce e con le strade bloccate, e a Villa Celiera ci sono due anziani intossicati dal monossido di carbonio. Inoltre la sorella di Roberto Del Rosso, il proprietario dell’hotel, si reca nel palazzo della Prefettura di Pescara, dove si coordinano i soccorsi, per chiedere informazioni sullo sgombero della provinciale. Ma non accade nulla: la prefettura di Pescara lascia la turbina a lavorare lungo la statale 81.

“Mail ininfluente”. Il presidente della Provincia Antonio Di Marco ha visto materialmente la mail dell’hotel: “Nessuno l’ha sottovalutata per il semplice motivo che io alle 14 avevo incontrato la sorella dei proprietari e avevo dato loro rassicurazioni che entro la serata sarebbe andata una turbina a liberare la strada. Era superata – ha detto Di Marco – Ma ai fini dell’emergenza io alle 13,30 avevo già spedito la lettera al governo nella quale richiedevo aiuto e mezzi per liberare anche quelle zone. Per me è una mail ininfluente: non ci siamo mai fermati. Quanto alla turbina dell’Anas di Penne, quella che poi ha materialmente liberato la strada di Rigopiano nella notte, nel pomeriggio non era ferma ma stava ripulendo la ss 81 che è di competenza dell’Anas, così come la seconda turbina Anas in quelle ore era a Villa Celiera per salvare anziani intossicati dal monossido di carbonio”.

Le indagini. “Io penso che, entro una settimana, saremo in grado ragionevolmente di fare un primo punto sulle indagini”, dice il procuratore aggiunto di Pescara, Cristina Tedeschini, annunciando che entro fine gennaio, insieme all’altro magistrato che si occupata delle tragedia di Rogopiano, il sostituto procuratore Andrea Papalia, tireranno le somme, benché parziali, sul materiale raccolto in questi giorni. Diversi faldoni con testimonianze, licenze edilizie dell’albergo, rilievi cartografici, fotografie dei luoghi, tabulati telefonici, piano neve e bollettini meteo. Poi c’è l’aspetto che riguarda la possibile sottovalutazione dell’allarme.

Il lavoro incessante dei soccorritori. I vigili del fuoco che hanno salvato i quattro bambini tirandoli fuori dalle macerie, spinti dall’euforia, hanno continuato ad operare all’Hotel Rigopiano per tutta la giornata di ieri, rifiutandosi di scendere alla fine del loro turno. “Certe volte è così, e anzi bisogna dire loro di fermarsi e riposare – spiegano i soccorritori – d’altra parte, però, si tratta di squadre che ormai hanno familiarità con l’ambiente in cui operare, che è un vantaggio rispetto ad altri”. Diversi vigili hanno perciò dormito vicino all’hotel Rigopiano, in tende igloo. Le vie di comunicazioni verso l’albergo sono difficili: tra ieri e oggi pochi elicotteri hanno potuto volare, e anche i mezzi che trasportano cibo e materiale per i soccorritori sono rallentati dalle condizioni della strada, dove si procede a senso unico alternato.

Ricerche su due fronti. “Le ricerche procedono su due fronti: da un lato i vigili del fuoco avanzano all’interno della struttura lungo il percorso che ha consentito il ritrovamento dei 9 superstiti, ma le difficoltà consistono nella necessità di aprire varchi attraverso murature molto spesse per accedere ai locali successivi. Parallelamente stanno operando sul fronte nevoso esterno per consentire l’apertura di ulteriori varchi sul lato opposto della struttura, per raggiungere i locali e ispezionarli più rapidamente.

Radar antivalanghe e sonde a vapore. È un ‘radar doppler’ il sistema di monitoraggio che da sabato controlla i movimenti sulla montagna intorno all’hotel per proteggere i soccorritori. Se una massa di neve o roccia dovesse muoversi, scatterebbero una sirena e un segnale luminoso e avrebbero un minuto di tempo per allontanarsi. Da oggi vengono impiegate entrambe le sonde a vapore caldo inviate dai Vigili del fuoco dell’Alto Adige: riescono a inserirsi tempestivamente nelle masse di neve e di ghiaccio, nel foto viene calata una telecamera per individuare il tipo di ostacolo.

Come 4.000 tir carichi. Circa 120 mila tonnellate di peso e una velocità tra i 50 e i 100 chilometri all’ora: queste le dimensioni e la forza d’impatto della valanga – dati elaborati da Carabinieri forestali e servizio Meteomont –  che si è abbattuta sull’hotel. “Ha esercitato una pressione di 20 tonnellate al metro quadro, pur essendo una valanga medio-grande aveva una capacità distruttiva enorme. Basta pensare che un muro di mattoni può resistere al massimo ad una pressione di 0,3 tonnellate e nemmeno il cemento armato può contenere un fenomeno simile”, spiega Valerio Segor, dirigente del Servizio di Assetto idrogeologico dei bacini montani della Regione Valle d’Aosta e uno dei massimi esperti sull’arco alpino, ora in Abruzzo per gestire l’emergenza.

Le testimonianze. La violenza dell’impatto è testimoniata anche da uno sei superstiti: “È stata una bomba, mi sono ritrovato i pilastri addosso. Ero seduto sul divano e i pilastri sono scivolati in avanti tagliandolo in due. Ci siamo salvati per questo”, ha raccontato Vincenzo Forti all’amico Luigi Valiante. Forti è stato estratto dai soccorritori insieme alla fidanzata Giorgia Galassi. “Io sono rimasto senza scarpe. Indossavo i leggings che mi aveva prestato la mia fidanzata. In un attimo ci siamo ritrovati in tre in un metro quadrato. Ci siamo abbracciati, nutrendoci di neve”, ha detto Valiante riferendo le parole di Vincenzo. Poco distante Vincenzo e Giorgia sentivano anche le voci di un altro ragazzo e dei bambini, con i quali non è stato possibile comunicare. “La paura è stata tanta e abbiamo pregato”, ha detto il sopravvissuto.