
Colpevole in concorso non di un omicidio solo, ma di due, quello di Silvio Mannina e di Lidia Nusdorfi. Da 15 si è passati a 28 anni di reclusione. E’ questo il nuovo verdetto emesso l’altra mattina dalla Corte d’Appello dei tribunali dei minori nei confronti del diciassettenne albanese, fratello di un amico di Dritan Demiraj. Una condanna pesantissima che, di fatto, ha raddoppiato gli anni inflitti in primo grado quando il ragazzino era stato ritenuto colpevole, in concorso, solo dell’assassinio di Silvio Mannina. Adesso, invece, i giudici gli contestano anche la partecipazione all’omicidio dell’ex compagna di Demiraj, Lidia Nusdorfi, omicidio avvenuto a Mozzate. «E’ una pena disumana-sono le uniche parole di commento dell’avvocato difensore del giovanissimo albanese, Simone Sabattini– il mio cliente è distrutto. Sicuramente ricorremo in Cassazione. Adesso attendiamo di conoscere le motivazioni che hanno portato ad un simile inasprimento della pena». Ad inchiodare l’allora 17enne era stata la confessione resa da Monica Sanchi. Se in un primo momento dell’inchiesta, il giovanissimo sembrava avere avuto un ruolo passivo, limitandosi a rimanere in auto nel viaggio da Rimini a Mozzate, con le dichiarazioni dell’ultima amante del pasticciere albanese, la sua posizione era sprofondata. «Strinse il cavo dell’antenna del televisore intorno al collo di Silvio mentre dall’altro lo faceva Dritan», aveva dichiarato la Sanchi. Il minorenne aveva sempre negato ogni addebito, non ammettendo nulla, neanche la sua presenza sulle due scene del crimine. Un atteggiamento completamente diverso da quello tenuto da Sadik Dine, lo zio di Dritan, che aveva, invece, ammesso di essere colpevole sì, ma solo di occultamento del cadavere di Mannina. E lunedì per Demiraj, suo zio (difesi dall’avvocato Orrù) e Monica Sanchi (difesa dall’avvocato de Curtis) sarà il giorno della verità con la sentenza per i due omicidi. Il Resto del Carlino