Rimini. Alberto Sordi: maschera di un vitellone. Da giovedì 4 settembre al Palazzo del Fulgor la mostra dedicata alla carriera di uno dei più amati interpreti della commedia italiana

Ci sono tante immagini che evocano nella memoria collettiva lo straordinario sodalizio artistico tra tra Alberto Sordi e Federico Fellini. Tra tutti, l’apparizione sull’altalena de Lo sceicco bianco sospeso tra cielo e mare e l’abbraccio con il mascherone di cartapesta ne I vitelloni, una delle prime epifanie che punteggiano il cinema di Fellini: quando la maschera crolla e il volto emerge, fragile e smarrito, nel chiarore di un’alba.

Parte da questo stretto legame, che ha permesso all’attore romano di svelare al mondo aspetti del suo talento prima di allora sottovalutati, la mostra “Alberto Sordi: maschera di un vitellone”, che dopo l’allestimento negli spazi del Grand Hotel in occasione della rassegna “La terrazza della Dolce Vita”, arriva al Palazzo del Fulgor, dove sarà inaugurata domani, giovedì 4 settembre, alle ore 18 fino alle 20.

Curata da Marco Dionisi Carducci, con la supervisione della collaboratrice di Sordi Paola Comin, collaboratrice di Sordi, la mostra offre la possibilità di compiere un viaggio nella commedia italiana, con un omaggio all’impareggiabile carriera dell’attore romano fra fotografie, bozzetti, oggetti personali, locandine, sceneggiature, costumi e contributi audiovisivi.

Alberto Sordi, l’attore che nessuno voleva, caratterista senza carisma, dicevano. Era la voce italiana di Oliver Hardy, un passato da varietà, una presenza troppo invadente per il cinema. E poi quel film del 1951, “Mamma mia, che impressione!” di Roberto Savarese: in sala non rideva nessuno.

Neppure ne “Lo sceicco bianco” di Federico Fellini convinse. Eppure, è lì che accadde qualcosa: Sordi intuisce il tono del film e plasma il suo personaggio. Fellini lo capisce e lo vuole di nuovo ne “I vitelloni”. La produzione è contraria, si oppone, propone altri attori. Fellini tiene duro, si impone e alla fine la spunta ma con un compromesso: niente nome di Sordi nei titoli, niente sue foto sui manifesti. Al cinema, insistono, Sordi non funziona. E invece.

“I vitelloni” viene presentato in concorso a Venezia e quel film di tradimenti – del borgo e del neorealismo — vince il Leone d’argento. È un successo, come di dice, di critica e di pubblico e nel personaggio di Alberto ci sono già i caratteri dell’arcitaliano che in Sordi si rispecchia: la vigliaccheria, l’infantilismo, la maschera che si commisera e si compiace. È il primo dei tanti Nando Mericoni che verranno. E il nome di Sordi torna a campeggiare sulle locandine del film.

Ma dopo quel film, la collaborazione tra i due si interrompe. Non l’amicizia.

Niente “La strada” (Sordi aveva fatto il provino per il Matto, ed era già scritturato). Niente “Ginger e Fred”, dove Fellini lo voleva come presentatore. In “Roma” gira una scena poi tagliata. Per i provini de “Il Casanova”, indossa gli abiti dell’avventuriero settecentesco e davanti allo specchio ne esalta il carattere vanitoso e infantile: non basta. Il Casanova felliniano non è per lui. Nel 1983, ne “Il tassinaro”, sarà proprio Sordi in cabina di regia a portare Fellini sul set: una corsa in taxi, Fellini che interpreta sé stesso. Un omaggio affettuoso, il gesto di un’amicizia tra due ex spiantati, cresciuti alla fame e al sogno in un’Italia in guerra.

La mostra resterà allestita fino al 28 settembre, visitabile negli orari di apertura del Palazzo del Fulgor (da martedì a domenica dalle ore 11 alle ore 17. Chiuso lunedì non festivi). Info:0541 793781(2)

La mostra nel sito del Fellini Museum

Comune di Rimini