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  • Rimini. Antonio De Filippis: ” Baghdad dev’essere il nostro esempio! Combatte, non si arrende, tra attentati dell’Isis e rapimenti”

    attentato-baghdadE’ un momento molto difficile, questo, per la nostra civiltà. Un momento, forse, tra i più neri della storia. Ed è proprio in questa circostanza che abbiamo incontrato Antonio De Filippis, riminese, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII che ci ha illustrato come, nonostante tutto, da Baghdad ci stia arrivando un bell’esempio perchè è proprio lì che Sciiti, Sunniti e Cristiani perseguitati sono scesi in piazza sfidando il pericolo per un futuro migliore.

    Sono cronache dall’inferno quelle raccontate da De Filippis che negli scorsi giorni è andato ad incontrare i giovani italiani della stessa Comunità impegnati da mesi a sostegno della popolazione e della chiesa perseguitata.

    L’Iran è un paese frammentato e diviso, dove gli americani, l’Arabia Saudita, l’Iran e le petromonarchie curano i loro interessi e per poterlo fare hanno bisogno di tenere non risolta la situazione. Così mi riferiscono i vescovi e i tanti che ho incontrato in questi giorni di permanenza a Baghdad” – racconta De Filippis e quasi dice che l’Isis, creazione americana, non ha futuro. Ma il futuro dell’Iraq resta sospeso. “ Oltre alla guerra con il suo carico di morte e distruzione, si sono aggiunti anche gli attentati: solo nel mese di luglio in tutto l’Iraq per gli attentati – bomba ci sono state 3000 vittime, tra morti (un migliaio) e feriti. Ogni giorno la cronaca locale dà notizia di ritrovamento di cadaveri lungo i fiumi e i fossati. In città la media è di 7-8 attentati al giorno, in tutto l’Iraq circa una ventina. Sono attentati causati prevalentemente da cellule dell’Isis presenti in città, da chi arriva fuori e ingaggia sunniti della città che si lasciano facilmente portare su posizioni estremiste. La mattina dell’11 agosto i media locali hanno dato la notizia di un attentato in città che ha causato almeno 60 morti. Altri due ce ne sono poi stati nel pomeriggio. Il 13 agosto è stata la volta del più grande attentato al mercato con 78 morti. Ultimamente poi agli attentati si aggiungono i rapimenti a scopo di riscatto, sembra a causa dell’aumentata povertà. Ma tutto questo non si nota: la città conserva la sua vivacità, i suoi colori, la sua operosità. Baghdad infatti sembra una grossa metropoli come altri, caotica e rumorosa. I negozi e i centri commerciali nei quartieri più occidentali vedono entrare e uscire gente a tutte le ore. Le famiglie con bambini si rilassano un pò al grosso parco divertimenti con la ruota panoramica e gli animali. La popolazione, infatti, ha veramente bisogno di normalità e di decompressione. E allora si fa finta che tutto sia normale anche se normale non è. E ogni giorno qualcuno muore. Occidentali in città non ce ne sono, a parte nella zona internazionale, impenetrabile, sede delle ambasciate e del governo. Se non fosse per le zone blindate recintate da alte mura di cemento, molti posti di blocco militari e della polizia, non sembrerebbe di essere a Baghdad. La città ha luce ad intermittenza e con più di 50 gradi, senza condizionatori e ventilatori, la gente impazzisce. E’ già successo che si è stati un giorno senza luce e neonati e anziani sono morti. I salari sono molto bassi e la vita è cara. Il livello di corruzione è altissimo: la classe politica messa su dagli americani si è impadronita di milioni di dollari di aiuti destinati alla ricostruzione, scomparsi senza che ufficialmente si sappia dove siano finiti. A causa di tutto questo, proprio in questi giorni, la gente esasperata è scesa in piazza in tante città del sud e a Baghdad incurante del rischio bombe. Sciiti soprattutto ma anche Sunniti e Cristiani insieme hanno chiesto luce acqua e servizi regolari, un’indagine sulla corruzione nei membri del governo e del parlamento è l’incriminazione per i colpevoli. Hanno chiesto anche che i parlamentari con oltre sei anni di presenza in Parlamento, siano mandati via. Questo movimento è appoggiato dal grande Ayatollah Al Sistani. La popolazione ha minacciato la paralisi totale se alle decisioni non seguiranno i fatti. Si vedrà i prossimi giorni.” continua De Filippis “I cristiani rimasti in Iraq sono veramente pochi, chi può scappa. Il patriarca Caldeo, Mons Sako lancia continui appelli a restare, che spesso rimangono inascoltati. Girare senza velo, avere la croce esposta in macchina, andare in chiesa, essere in tutti i suoi aspetti cristiani, è un rischio… Nonostante i tanti grandi problemi, la gente che protesta e scende in piazza, insieme, al di là delle appartenenze e nonostante il pericolo, è un grande segno di speranza: vuol dire che 25 anni di guerra non hanno disgregato del tutto la struttura interiore delle persone ancora capaci di sognare un futuro migliore e scendere in piazza per ottenerlo. In questo tempo più che mai sono le società civili che, sole, possono imporre ai governi politiche eque e attente alla gente. Un bell’esempio viene da Baghdad! Da questa città abbiamo anche raccolto la richiesta di pressare i nostri governi occidentali perchè smettano di finanziare questa guerra e di mandare armi e si impegnino finalmente per l’unica cosa importante.. la pace! Ora tocca a noi scendere in piazza, e smettere di essere muti o indifferenti“.

    Sara Ferranti