Rimini. Assalto in villa. “Mi hanno picchiato senza pietà anche quando ero steso a terra”

Rissa«ANIMALI, bestie! Hanno continuato a prendermi a calci allo stomaco anche quando ero steso in terra. Ho pensato che mi avrebbero ammazzato».
Volto tumefatto, un braccio fratturato, milza spappolata, quattro costole rotte. Dal suo letto di ospedale, al reparto di medicina d’urgenza degli ‘Infermi’, il 68enne Gianni Rossi racconta con un filo di voce il sabato di terrore vissuto insieme alla moglie. I coniugi sono stati picchiati e rapinati nella loro villa a Marebello da quattro banditi. L’ennesima scena da ‘Arancia Meccanica’ in salsa riminese ha avuto il suo ciak poco intorno alle ventuno. «Sono convinto che conoscessero i nostri orari e spostamenti – mormora l’ex imprenditore ora pensionato, in passato gestore di un ristorante, un albergo, una tabaccheria e un dancing a Rimini Sud –. Ero uscito per mettere l’auto in garage quando mi hanno aggredito, portandomi all’interno e iniziando a massacrarmi. Mia moglie – che non è stata colpita e ha consegnato ai banditi le chiavi della cassaforte dove c’erano 3.000 euro e alcuni preziosi – gli diceva che soffrivo di cuore, che temeva per la mia vita. Niente, continuavano a pestare. Uno mi teneva al collo e mi chiudeva la bocca, un altro tirava pugni e calci. Belve».
«Abbiamo subìto 3-4 rapine in dieci anni di tabaccheria, niente confronto a tutto questo», aggiunge Rossi. Poche le parole che si sono scambiati i malviventi. Sembra avessero un accento dell’Est Europa. «Tanto anche se li prendono nessuno gli farà niente», osserva con un ghigno la figlia della coppia rapinata, al capezzale del babbo con altri parenti e amici di famiglia, una vera processione nella giornata di ieri. «E’ una vergogna – aggiunge il fratello di Gianni –. Io abito vicino a loro, da solo. La notte scorsa non ho chiuso occhio. Adesso ho paura». L’ex imprenditore massacrato di botte non riesce a farsi una ragione. «Gli dicevo di prendere quello che volevano, ma loro continuavano a picchiare come bestie». I banditi, aggiunge, erano incappucciati, e indossavano dei guanti. L’uomo ritiene di essere stato vittima di un agguato: «Erano all’interno del nostro giardino quando mi hanno aggredito, aspettavano che uscissi per la macchina».
QUELLO di sabato sera a Marebello è il terzo caso di aggressione domestica registrato dalle cronache in questo mese di novembre. Il primo lunedì mattina, nella periferia di Santarcangelo. Quattro banditi (anche qui) entrano in casa. Il proprietario, 82 anni, è al primo piano. Sente dei rumori sospetti, e scende al piano terra. Si trova con terrore di fronte a quattro malviventi, questi tutti a volto scoperto, italiani, che iniziano a minacciarlo, intimandogli di non fare gesti inconsulti «Non muoverti e non ti capita niente». Uno dei quattro lo porta in cucina, dove lo blocca per venti minuti, mentre i complici mettono sottosopra l’appartamento cercando soldi, gioielli e oggetti di valore. Dopo mezz’ora di terrore la banda fugge in auto. L’uomo dà l’allarme. Più cruento l’agguato avvenuto giovedì pomeriggio nella parrocchia di San Martino Monte l’Abbate. Due uomini incappucciati aggrediscono il sacrestano, Gino Tamagnini Ricci, 75 anni, tranviere in pensione. Lo pestano e lo legano, due costole rotte e lividi in faccia, sulle mani e sui polsi. Lo sbattono a terra. Un bandito lo tiene fermo con un ginocchio sulla schinea e lo colpisce insieme al complice. ‘Dacci le chiavi della cassaforte’, urlano. ‘Non c’è niente’, risponde disperato il sacrestano. Si salva perché dice ai banditi che stanno arrivando i fedeli per la messa. Se ne vanno senza bottino.

Resto del Carlino