Rimini. Caffè alla carta… di credito «Piuttosto glielo offriamo noi»

caffeNON POTRANNO più dirvi di no. Anche se il conto è quello di un semplice caffé al banco. Se sarà approvato l’emendamento alla legge di stabilità presentato da alcuni parlamentari del Pd, d’ora in poi commercianti ed esercenti saranno costretti ad accettare il pagamento con bancomat o carta di credito anche per importi minimi. Come quello di un caffè, appunto. La proposta abbatte il tetto minimo di 5 euro, a patto che le società che gestiscono le carte abbattano i costi delle commissioni che gli esercenti pagano per ogni transazione.
UN PASSAGGIO fondamentale, visto che al momento tanti negozianti si rifiutano di accettare i pagamenti per cifre modeste, proprio per le commissioni. In vista della rivoluzione che permetterà di eliminare il contante per le piccole spese quotidiane di ogni giorno, ieri abbiamo deciso di fare un giro in alcuni bar del centro storico di Rimini, per vedere come reagiscono gli esercenti di fronte a chi chiede loro di pagare con carta o bancomat, anche quando si tratta di un semplice caffé.
PRIMA tappa da Spazi, in piazza Cavour. Mandiamo in avanscoperta un nostro complice, che si presenta al banco, ordina un caffé e, al momento di pagare, finge di non avere contante e chiede di poter usare la carta di credito: «Guardi, glielo offro io il caffé, perché con i costi che abbiamo non ci conviene accettare il pagamento per un solo euro». Entriamo in scena noi, e i titolari ci confermano: «Se si può, evitiamo pagamenti per gli importi così piccoli. Sono una rimessa. Con i turisti stranieri capita spesso, meno con gli italiani per cifre sotto i 10 o 15 euro. Anche perché il pagamento con carta o bancomat fa perdere tempo, a noi e ai clienti».
DA PIAZZA CAVOUR il nostro giro prosegue lungo corso d’Augusto. Ma in ogni bar, appena proviamo a pagare con la carta, storcono il naso. Alla Bottega del caffé la signora alla cassa ci dice che «il bar non è dotato del Pos (il dispositivo che accetta i pagamenti con le carte)», e ci invita a ripassare con i contanti. Fingiamo allora di aver trovato improvvisamente in tasca una moneta da un euro, saldiamo e proseguiamo il giro. La scena si ripete alla Bottega della creperia, dietro la Vecchia pescheria. La ragazza alla cassa, quando diciamo di pagare con la carta, sorride gentile e sta per offrirci il caffé: «Faremo un’altra volta, se ti faccio pagare con la carta spendo più io in commissioni che te nel caffè». Anche al bar pasticceria Jolly in via Garibaldi non ci resta che pagare in contanti: «Qui il Pos non lo abbiamo». E’ la risposta che ci danno anche in altri bar del centro storico, anche se in alcuni in realtà il Pos c’è eccome (e ce lo nascondono quando chiediamo di pagare con la carta). La verità è che per un caffé, con le attuali spese di commissioni, «ci si rimettono i soldi». Eppure c’è chi non si fa una piega. Succede al Caffè Commercio di piazza Ferrari, ultima tappa del nostro giro. Il ragazzo alla cassa, quando mostriamo la carta giustificandoci di non essere riusciti a prelevare al bancomat, sorride e porge subito il Pos: «Ecco qui, nessun problema. Può succedere di non avere i contanti dietro».

Resto del Carlino