Caro Diario, oggi condivido 3 considerazioni sul Sigep appena trascorso.
La prima è un dato di fatto: è una fiera bellissima sia per contenuto che per lo spirito che si respira al suo interno. Genera un introito importante per la nostra città e regala all’ente fiera un’immagine di modernità e competenza organizzativa che genera un richiamo importante per altre fiere in altri settori.
La seconda riguarda la viabilità. Tutto è andato come previsto: un disastro. Code infinite, passaggi a livelli che bloccano un intero quadrante di città, trasporto pubblico troppo pieno per alcune zone della città e servizio navetta privato sconosciuto e poco pubblicizzato per altre, oltre al parcheggio selvaggio ovunque che ha creato un enorme disagio negli spostamenti. Questa situazione penalizza soprattutto i cittadini riminesi che si vedono sconvolgere la loro vita e che finisco per odiare questa manifestazione. Un aspetto da non sottovalutare è l’accoglienza innata che esiste, o esisteva, in ogni riminese. Questa frustrazione crea una repulsione verso il turista/ospite che un poco alla volta compromette la famosa e ancestrale ospitalità romagnola. Pensare che queste strade possano sostenere altri 100 appartamenti a Rivabella e la logistica del mercato ittico significa o essere ciechi o fregarsene della vita delle persone.
Inoltre trovo profondamente inappropriata l’uscita della presidente Rinaldis sulle lamentele per il traffico, che etichetta come “criticoni professionisti” tutti quelli che portano alla luce i problemi. Non è negando l’evidenza che si risolvono le questioni. E a forza di negare siamo giunti a non avere soluzioni.
Terza riflessione. Tanti alberghi aperti. Troppi.
Tutti vogliono avere una fetta di fatturato del Sigep anche se non ne sono in grado di gestire la clientela fieristica. Perché la clientela business non è variegata e popolare come quella balneare. Richiede servizi come la navetta privata, qualità del cibo, spazi per incontri, connessioni internet all’altezza, ambienti di un certo livello. È una clientela che ha un suo target medio-alto spendente e non tutti gli hotel aperti in questa fiera erano adatti ad accoglierla. Questo provoca due danni: prezzi in discesa per accaparrare il cliente, figuracce per aver ospitato persone in hotel non all’altezza. L’abbassamento del prezzo sotto certe soglie di sostenibilità economica scatena inevitabilmente delle riflessioni sulle gestioni alberghiere che propongono certe offerte.
Aggiungo che molti hotel sono stati aperti senza la cucina attiva, riversando sui ristoranti il compito di sfamare i loro ospiti. In questo caso l’offerta di ristorazione è stata decisamente inferiore alla domanda, generando situazioni sgradevoli per gli ospiti e perdita di immagine per la nostra città. La ristorazione diffusa ha un valore e una sua funzionalità se è coordinata e concordata, altrimenti è solo uno scarica barile tra imprenditori.
Concludo. L’ente fiera prosegue nella sua brillante programmazione di eventi, con risultati ottimi sotto tutti i punti di vista. La città va ad un altro passo. Disorganizzata, caotica e impreparata ad accogliere questo flusso di persone. Ci sono ovviamente delle eccezioni virtuose che salvano gran parte della situazione, ma non è con le eccezioni che produci turismo. I cittadini di Rimini non possono essere ostaggio di una fiera, o arrivare ad odiarla, e i visitatori devono essere accolti come si deve, trovando i servizi e la qualità promessa.
Caro Diario è ora che la politica programmi questa città con un’ottica di modernità, intervenendo sulla viabilità con lo sguardo al lungo periodo. Il successo di un evento non può essere il motivo per cui tutta la città debba tacere sul suo stato di frustrazione. La politica del silenzio non aiuta.
Stefano Benaglia