SOTTO la pioggia battente, una bimba marocchina con lo chador in testa stringe un cartello. «Not in my name», non nel mio nome, recita la scritta. Attorno a lei, sotto un mare di ombrelli, la luce tremula di cinquecento candele rischiara piazza Cavour. Così ieri pomeriggio le diverse comunità religiose della città – da quella cattolica a quella musulmana, da quella ortodossa a quella valdese – hanno voluto lanciare il loro personale guanto di sfida al terrorismo. La bufera e la paura non sono bastate a fermare i riminesi. Sotto i portici di palazzo Garampi, come da programma, centinaia di persone, indipendentemente dal loro credo, si sono strette in un abbraccio, intonando una preghiera in ricordo delle vittime degli attentati che hanno insanguinato Parigi. In testa al corteo l’imam della moschea di Borgo Marina, Mourad Ayadi, e il vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi, che insieme ai rappresentanti della chiesa valdese e di quella ortodossa hanno condiviso una lettera aperta contro «la guerra e la violenza», poi consegnata al sindaco di Rimini Andrea Gnassi e al prefetto Giuseppa Strano. Tantissimi i giovani, soprattutto tra le fila della comunità islamica. Presenti delegazioni delle tre moschee della città e del centro di preghiera di San Marino. «Non avrete fede finché non vi amerete l’un l’altro» e «uccidere un uomo è come uccidere l’umanità intera» alcune delle frasi riportate su striscioni e cartelli.
A PRENDERE la parola per primo è stato monsignor Lambiasi, che ha affidato le sue riflessioni a tre citazioni: Papa Francesco, il presidente della Repubblica Mattarella e Sebastìan, un ragazzo francese miracolosamente scampato alla strage del Bataclan, il quale «con la sua lezione ci ha insegnato che ogni attimo passato accanto ai nostri cari è una benedizione». «Non sono qui per difendere l’Islam – ha esordito l’imam Ayadi –. Io sono qui per lanciare un messaggio di pace. Chi ha compiuto la strage di Parigi non può essere considerato un fedele, ma solo un terrorista, un delinquente». «Insieme – si legge nella lettera condivisa ieri in piazza Cavour di fronte a cinquecento persone – gridiamo il nostro no ad ogni forma di cultura dello scarto e del rifiuto, ad ogni forma di persecuzione religiosa, e insieme cantiamo il nostro sì al dialogo. Pertanto non dobbiamo cedere alla tentazione della paura e alla logica illogica dell’odio e della violenza. Così fineremmo per fare il gioco del fondamentalismo più crudele e disumano, rischiando di firmare la nostra sconfitta di uomini civili». Parole in cui sembra riecheggiare una condanna del blitz compiuto nella notte tra giovedì e venerdì dagli attivisti di Forza Nuova, che hanno circondato i luoghi di culto islamici della città con del nastro isolante, dichiarandoli «zone di guerra». «Non possiamo confondere i terroristi con i rifugiati – conclude la lettera –. Compiremo ogni sforzo affinché a ognuno di loro sia assicurata casa, lavoro, istruzione e assistenza».
Resto del Carlino