UNA MAXI evasione fiscale che ruota intorno a una piccola lavanderia e che ieri mattina ha visto undici albergatori riminesi rinviati a giudizio per omesso versamento di Iva con l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Secondo la ricostruzione fatta dalla Guardia di finanza, ogni albergatore avrebbe evaso tasse per un imponibile annuo di 500mila euro, per un totale complessivo di diversi milioni.
L’INCHIESTA delle Fiamme Gialle era partita da un semplice accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate, nei confronti di una piccola lavanderia del riminese, gestita da moglie e marito, il cui reddito non appariva ‘congruo’. Ma quando le Fiamme Gialle erano andate a vedere da vicino, avevano scoperto una vera e propria ‘stamperia’ di fatture false. Da queste risultava infatti il lavaggio di centinaia e centinaia di lenzuola, tovaglie e biancheria varia di circa una ventina di alberghi. Un lavoro che avrebbe retto a malapena una lavanderia industriale. I due gestori, difesi dall’avvocato Piero Ippoliti e il cui processo è tutt’ora in corso, erano stati messi sotto torchio dai militari. Lui in particolare che risultava essere il protagonista principale dell’attività. Questo non aveva negato più di tanto, ammettendo che sì, faceva fatture false ad alcuni albergatori (con tanto di nomi e cognomi) che andavano così a credito di Iva. I finanzieri avevano spulciato le fatture degli ultimi cinque anni, mettendo insieme un evasione stellare. Una ventina di albergatori erano finiti indagati, e mentre alcuni di loro hanno già patteggiato, i restanti undici sono comparsi ieri mattina davanti al giudice per le indagini preliminari, dichiarandosi innocenti. Ma il gip, a sorpresa, ha deciso di disapplicare gli articoli del codice sulla prescrizione, già maturata per le accuse fino all’anno 2007, decidendo di applicare invece una direttiva comunitaria recente che autorizza il giudice italiano a farlo in presenza di reati fiscali e tributari. Una piccola ‘rivoluzione’ che ha spiazzato i difensori degli imputati. «Darò battaglia sia in sede comunitaria che in sede costituzionale – anticipa l’avvocato Piero Venturi – in quanto in evidente contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza».
RESTO DEL CARLINO