Rimini, condanna per avvelenamento in condominio a Coriano. Offre da bere al vicino: metadone scambiato per sambuca: condannato a otto mesi

Nel tranquillo contesto di un condominio a Coriano, nei pressi di Rimini, si è consumata una vicenda tanto insolita quanto drammatica, risalente ai difficili mesi di lockdown del 2020. Un episodio che ha coinvolto due vicini di casa, entrambi impegnati nel mondo della ristorazione, ma legati da rapporti complicati e da tensioni accumulate nel tempo.

Tutto ha avuto inizio in una giornata di chiusura forzata durante il Covid-19, quando un pizzaiolo quarantenne, già noto alle forze dell’ordine per problemi legati alla dipendenza da stupefacenti, ha invitato il suo vicino di casa, un giovane cuoco lombardo di 28 anni, a bere un bicchierino in casa sua. L’invito, apparentemente un gesto di gratitudine per un aiuto ricevuto nella cura di una ferita, ha però avuto conseguenze gravissime.

Il brindisi, che doveva essere a base di sambuca, si è rivelato invece un veleno nascosto: quel piccolo bicchiere conteneva metadone, un potente farmaco usato nelle terapie per la disintossicazione, somministrato in dosi pericolose. Dopo averlo bevuto tutto d’un fiato, il cuoco ha perso conoscenza ed è stato ricoverato in ospedale, dove è rimasto in coma per dieci giorni.

Le analisi mediche hanno confermato la presenza di una quantità elevata di metadone nel suo organismo, facendo subito scattare le indagini da parte dei carabinieri. Il padre della vittima, sconvolto dall’accaduto, ha denunciato il vicino per tentato omicidio e lesioni personali, affidando il caso all’avvocato Stefano Cavallari.

Nel corso delle indagini è emerso un quadro di attriti e scontri tra i due uomini, nati sia sul lavoro che nella vita quotidiana. I due si erano conosciuti lavorando nello stesso ristorante di Riccione, ma mai avevano instaurato un rapporto sereno. La convivenza nello stesso condominio, con il giovane cuoco che abitava proprio sotto il pizzaiolo, ha alimentato ulteriormente i rancori, anche a causa del coinvolgimento del fratellastro del pizzaiolo, che condivideva l’appartamento con il cuoco.

Non è escluso che episodi simili fossero già accaduti in passato: durante un’udienza, il cuoco ha raccontato di un precedente malessere dopo aver bevuto un altro bicchierino di sambuca offerto dallo stesso collega, sintomi simili a quelli che lo avevano portato al coma.

Dopo un iniziale tentativo di archiviazione, il giudice per le indagini preliminari Manuel Bianchi ha deciso di mandare a processo l’uomo. Recentemente è arrivata la sentenza: il pizzaiolo, oggi 45enne, è stato condannato a otto mesi di reclusione e al pagamento di 5 mila euro di spese processuali. La difesa, rappresentata dall’avvocato Massimiliano Orrù, aveva seguito il caso con attenzione, ma la decisione è stata confermata.

Questa vicenda, complessa e dolorosa, getta luce su dinamiche di convivenza difficili, tensioni personali che hanno sfociato in un atto criminale, e su come situazioni di disagio e dipendenza possano portare a conseguenze imprevedibili e devastanti.