L’accordo commerciale siglato tra Unione Europea e Stati Uniti non basta a dissipare le incertezze che gravano sull’economia italiana e romagnola. È quanto afferma Confesercenti, che in una nota diffusa oggi esprime forti preoccupazioni per gli effetti dell’intesa transatlantica, giudicata «un miglioramento rispetto alla minaccia di tariffe al 30%, ma un peggioramento netto rispetto al quadro preesistente».
Nel dettaglio, l’associazione sottolinea come i dazi medi siano ora al 4,8%, «praticamente triplicati» rispetto al regime precedente. A questo si aggiunge la svalutazione del dollaro, che penalizza fortemente il comparto turistico italiano: «Secondo le nostre stime – evidenzia Confesercenti – potremmo perdere fino a 300mila presenze statunitensi, per un impatto economico negativo stimato in circa 600 milioni di euro di spesa turistica in meno».
Le conseguenze dell’accordo potrebbero essere pesanti anche per l’export italiano, per il quale si prevede una contrazione di circa 10 miliardi di euro, con ricadute significative sul mercato del lavoro, sui consumi interni e sul PIL. «Nel secondo semestre del 2025 – si legge nella nota – la crescita potrebbe rallentare fino allo 0,5-0,6%, per scendere ulteriormente allo 0,4% nel 2026. Si stima una riduzione dei consumi delle famiglie per circa 2,8 miliardi e un impatto complessivo sul PIL pari a 9,7 miliardi».
Di fronte a questo scenario, Confesercenti esprime apprezzamento per le parole del Ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ieri pomeriggio ha incontrato i rappresentanti delle imprese alla Farnesina. «Bene la richiesta alla BCE di un intervento a sostegno del credito per le imprese, necessario per fronteggiare gli effetti combinati della svalutazione del dollaro e dell’aumento dei dazi».
Non manca, infine, una stoccata sulla questione web tax, tema ancora irrisolto e che rischia di aggravare ulteriormente lo squilibrio tra commercio online e attività fisiche. «Sembra definitivamente naufragata – scrive Confesercenti – la possibilità di introdurre una tassazione, anche minima, sui colossi del web. Ricordiamo che già nel 2018 la Commissione Europea segnalava una disparità fiscale impressionante: il 9,5% di aliquota effettiva per le imprese digitali, contro il 23,2% per quelle tradizionali».
«Lo scenario resta in chiaroscuro – conclude Confesercenti – ma ci auguriamo che, a carte scoperte, si possa arrivare a un accordo davvero bilanciato. Per farlo servono politiche di sostegno mirate, che evitino una fase recessiva e garantiscano stabilità agli investimenti».