«LI DOBBIAMO far fuori tutti, prima i francesi poi anche gli italiani». Rinchiuso nel carcere dei Casetti, mimava il gesto della pistola Mahmoud Abou Seda, egiziano, di 32 anni, festeggiando la strage di Parigi che la sera del 13 novembre stava passando in televizione. Davanti ai cadaveri del Bataclan, esultava come se la sua squadra avesse vinto il campionato, sotto gli sguardi impietriti degli altri detenuti. Abou Seda è uscito di galera il 17 dicembre scorso e da quel momento la Polizia non l’ha mai perso di vista. Qualche giorno fa, il prefetto di Rimini, Giuseppa Strano, ha accolto in pieno la proposta del questore, Maurizio Improta, e ha disposto l’epulsione immediata dell’egiziano. E’ stato imbarcato ieri mattina a Milano, alle 13,35, su un’aereo di linea egiziano: ad aspettarlo all’imbarco c’erano le forze dell’ordine del suo Paese.
UN UOMO pericoloso, Mahmoud, e altrettanto furbo. In Italia risulta presente dal settembre del 2004, quando viene fotosegnalato dalla questura di Ragusa dove chiede asilo politico. Ma è nel 2007 che si ‘sistema’, quando sposa una riminese e grazie a quelle nozze ottiene la Carta di Soggiorno, in quanto familiare di un cittadino europeo. Il matrimono però finisce alla svelta e nel 2013 il questore di Rimini gli revoca il permesso, vista la sfilza di reati che ha commesso. Non c’è anno in cui non venga denunciato o arrestato. Comincia subito con una rissa, quindi aggredisce un pakistano a suon di cazzuola. Nel marzo del 2011 fa un salto di qualità, quando insieme a un altro connazionale tenta di taglieggiare due fratelli titolari di un ristorante di Riccione. Minacce pesantissime e richieste di ingenti somme di denaro che gli italiani non hanno nessuna intenzione di soddisfare. Denunciano tutto ai carabinieri che lo arrestano con le mani nel sacco. In carcere non ci arriva nemmeno. Abou Seda indica fittiziamente come residenza quella della ex moglie, e lasciato fuori. Salvo poi venire arrestato di nuovo, quando la donna dichiara di non volerlo in casa. Un anno dopo si trasforma in spacciatore e dopo due denunce, la terza volta viene ammanettato. Torna libero di lì a poco, e riparte in grande stile. Il 4 settembre 2013 accoltella un italiano per rapinarlo, il giorno dopo tocca a un romeno: dopo avergli quasi distrutto il bar, cerca di ammazzarlo a coltellate. Quello riesce a schivare i colpi, ma l’egiziano si porta via un sacco di soldi. Viene arrestato e si fa un po’ di mesi di carcere. Tornato in circolazione, l’8 settembre scorso aggredisce un altro passante, altra coltellata per rapinargli portafogli e telefonino. Preso dai carabinieri rientra ai ‘Casetti’ per l’ennesima volta.
E’ ANCORA lì, quando la sera del 13 novembre gli assassini dell’Isis consumano il massacro del Bataclan. In carcere l’uomo è già sotto ‘osservazione’, avendo mandato parecchi segnali di radicalizzazione islamista. Ma di fronte a tutti quei morti, esplode la sua ‘gioia’ e via via che passano le immagini di sangue, l’egiziano inneggia all’Isis con un entusiamo che non passa inosservato. «Li dobbiamo far fuori tutti – continua a gridare – dopo i francesi ammazzeremo gli italiani». La Digos della questura è già stata allertata, e quando il 17 dicembre Abou Seda esce con un provvedimento del gip che sostituisce la misura cautelare con solo l’obbligo di firma, la Polizia lo prende subito ‘in consegna’ senza che lui se ne accorga. Contemporaneamente fanno partire tutte le pratiche necessarie per la sua espulsione. L’egiziano, ormai clandestino, vive in un residence di viale Vespucci, e viene costantemente monitorato dagli agenti. Non hanno nessuna intenzione di mollarlo, non fino a quando le carte per la sua ‘partenza’ non saranno pronte. A cose fatte, il questore gira la proposta al prefetto che dà subito il via libera. Mahmoud viene prelevato e su disposizione di Improta trattenuto al Cie di Torino fino al momento dell’imbarco, avvenuto ieri mattina.
Resto del Carlino