I tempi in cui era di casa a Montecitorio sembrano già lontanissimi. Elisa Marchioni, ex assessore ed ex deputato (con il Pd) si sente molto più a casa qui, con Tamba, Abdu, Siaka, Lamil. Sono alcuni dei 13 profughi ospitati nella casa di accoglienza a Viserba, che la Marchioni gestisce col marito Gabriele Guerra. L’hanno chiamata ‘Il sottomarino giallo’, ma nella casa a due piani se ne vedono ogni giorno di tutti i colori. Perché qui i profughi non si limitano a ricevere semplicemente un tetto e tre pasti al giorno. Fanno teatro, cucinano, suonano, svolgono piccolo lavoretti di manutenzione e cercano di rifarsi una vita, lontano dagli orrori delle guerre che si sono lasciati alle spalle.
«Siamo partiti quasi per caso – ammette la Marchioni – Io e mio marito Gabriele (che fa l’impiegato, mentre la Marchioni insegna, ndr) abbiamo preso in gestione la casa, che era inutilizzata da anni, per farne un centro per le famiglie e gli anziani. Mentre stavamo ancora eseguendo i lavori di ristrutturazione, nel 2015, è arrivata la proposta. Me lo ricordo come se fosse ieri: ero in fila all’Ausl per ottenere alcuni permessi per la casa e mi hanno chiamato dalla Caritas per chiedemi se potevamo ospitare i profughi». Era già scoppiata l’emergenza, «e abbiamo detto subito sì. L’11 settembre 2015 abbiamo aperto la casa, con i primi 14 ragazzi, tutti del Gambia». Tre di loro sono ancora lì, a ‘Il sottomarino giallo’. Lamil e Siaka, di 22 e 35 anni, sono arrivati dal Gambia con uno dei tanti barconi partiti dalla Libia. «La nostra nave è affondata, noi ci siamo salvati per miracolo, grazie a una motovedetta, ma altri non ce l’hanno fatta». Sanno di essere dei miracolati, e adesso sognano una vita diversa. «In Gambia lavoravo in un albergo – racconta Lamil – Ora sto facendo il cuoco al ristorante Terrae Maris a Viserba. Il mio sogno è aprire un ristorante…».
Ognuno di loro ha un sogno, e la Marchioni e il marito, insieme ai 2 educatori e ai volontari della struttura, sono lì per aiutare i profughi a realizzarli. «Non eravamo partiti con l’idea dell’accoglienza dei rifugiati, ci siamo un po’ improvvisati – ammette l’ex parlamentare – Ma ora non riusciremmo più a tornare indietro. A questi ragazzi cerchiamo di dare tutti gli strumenti per poi riuscire a cavarsela da soli. Molti al mattina vanno a scuola, quasi tutti lavorano. Si può dire che abbiamo anticipato il piano del ministro Minniti…». C’è chi fa la stagione in hotel e in ristoranti, e chi tornerà a lavorare in spiaggia dopo l’esperienza dell’anno scorso. Oltre ad aiutarli nelle pratiche per i documenti e per il lavoro, «li coinvolgiamo in tante attività perché possano sentirsi in famiglia. Facciamo corsi di danza e teatro, abbiamo insegnato loro come preparare la piadina e le tagliatelle, li abbiamo portati al Carnevale a Santarcangelo». E poi gite in bici e al Museo e alla domus del chirurgo, infinite partite di calcio, e tante altre attività. Loro ricambiano suonando i tamburi africani o preparando piatti tipici dei loro paesi. Oggi sono 13 i profughi ospiti nella casa. Oltre che dal Gambia, vengono dal Mali, dal Burkina Faso, dal Senegal, dalla Nigeria. «Non è facile per me e Gabriele portare avanti tutto, avendo anche un lavoro e un figlio. Ma noi veniamo qui ogni giorno. Ora abbiamo preso in affitto anche un piccolo appartamento, per quelli che ottengono i documenti». E in mezzo ai ragazzi la Marchioni non sente la nostalgia di Montecitorio. «Sì, mi sento molto più a mio agio qui».
