TAMBURINI si è chiamato fuori dalla corsa. Non è lui, il capogruppo in consiglio del Movimento 5 Stelle, l’anti-Gnassi dei pentastellati. Ma nonostante le bocche stracucite tra i ‘grillini’, continuano a filtrare vari nomi sui quattro aspiranti alla candidatura a sindaco. Uno di questi, secondo rumors sempre più insistenti, è l’avvocato riminese Davide Grassi, già garante per i detenuti di Rimini. Quarantuno anni, figlio dell’ex parlamentare (con l’allora Pds) Ennio Grassi, nel 2013 si era avvicinato al partito fondato dall’ex magistrato Antonio Ingroia, accettando di candidarsi al parlamento con la lista ‘Rivoluzione civile’. Tre anni dopo, per lui sono arrivate le sirene dei ‘grillini’ (e lo statuto del M5s non gli impedisce di correre). L’avvocato, che era stato difeso a spada tratta dalla parlamentare grillina Giulia Sarti dopo le sue polemiche dimissioni da garante dei detenuti, già da tempo si è accostato al M5s. Ha partecipato ad alcuni incontri e, come più volte detto pubblicamente dagli esponenti del Movimento, è considerato «una grande risorsa».
STANDO alle ultime indiscrezioni, il suo nome figura tra i quattro che si contenderanno il ruolo di candidato a sindaco per il Movimento 5 Stelle. Anzi, Grassi viene ritenuto da molti il favorito alla corsa. Ma lui assicura che le cose non stanno così: «Ritengo il M5s un’alternativa valida, ma non sono un candidato. Mi dispiace perché comunque sarebbe stata una bella avventura, ma mi aspettano molto lavoro… Sono il referente legale a livello nazionale di Sos Impresa, l’associazione antiracket a difesa dei commercianti, e questa attività mi richiede del tempo, anche se ho una bella squadra di avvocati che mi aiuta». Grassi, socio fondatore dello studio Grassi, Benaglia e Moretti, assicura insomma di non essere tra i quattro che correranno per diventare candidato sindaco del M5s. Ma le indiscrezioni delle ultime ore invece lo danno già per il cavallo vincente nella corsa alla candidatura dei pentastellati. Che hanno scelto, a differenza di quanto fatto in passato (ad esempio per le elezioni politiche del 2013 e per le europee nel 2014) di non aprire le votazioni a tutti gli iscritti del movimento riminese – sono oltre un migliaio – ma di limitare la scelta ai soli attivisti, circa una cinquantina.
