Rimini, i minuti che non tornano nel “giallo” di Pierina Paganelli: la difesa di Dassilva ribalta la scena dell’omicidio. E’ ormai “guerra” fra difensori e procura

Un minuto e quattro secondi. Tanto, secondo i legali di Louis Dassilva, sarebbe bastato a demolire l’intero impianto accusatorio costruito attorno al 4 ottobre 2023, data dell’omicidio di Pierina Paganelli. Un minuto e quattro secondi che, per la difesa, non ci sarebbero mai stati. Né nel tempo, né nei fatti.

Nel mirino non c’è solo la ricostruzione temporale della Procura, ma anche l’affidabilità della testimone chiave, la nuora della vittima Manuela Bianchi, e persino l’integrità dell’apparato probatorio digitale. Il caso, ancora senza processo, si complica ogni giorno di più.

Il tempo che non torna

Alle 8:10:50, una donna esce in scooter dal garage sotterraneo di via del Ciclamino e nota una basculante aperta con la luce accesa: quella, secondo la Procura, è la porta del garage dove Manuela Bianchi e Louis Dassilva stavano parlando. La Bianchi, infatti, dichiara che l’uomo si era appena allontanato.

Ma c’è un problema: alle 8:11:54, meno di 65 secondi dopo, il cellulare di Dassilva registra passi all’interno del suo appartamento al terzo piano. Il dispositivo è dotato di barometro e, secondo la difesa, non avrebbe rilevato alcuna salita dal piano -1. Nemmeno un piano. Nessuna porta aperta, nessun cambiamento di quota.

In quel lasso di tempo, Dassilva avrebbe dovuto lasciare il garage, attraversare due porte tagliafuoco, salire quattro rampe di scale, entrare in casa e muoversi con il telefono in mano. Per la difesa è impossibile.

Il giallo del cellulare “fantasma”

Ma non è tutto. Ad agitare ulteriormente le acque è anche il comportamento del telefono di Manuela Bianchi. Tre attivazioni in meno di quattro minuti, proprio mentre – a detta sua – avrebbe appena scoperto il cadavere della suocera.

Secondo la consulenza tecnica di parte, il dispositivo avrebbe registrato:

  • un accesso alla galleria alle 8:11:45

  • uno sblocco dello schermo alle 8:12:57

  • un secondo sblocco alle 8:15:11

Ma la Bianchi giura che il telefono era nella borsetta. La replica della difesa è lapidaria: “Se era nella borsa, chi lo stava usando?”

L’accusa, dal canto suo, smorza le insinuazioni: per i consulenti della Procura, non ci sarebbero state vere interazioni, ma semplici riattivazioni automatiche o contatti accidentali – magari dovuti a notifiche o oggetti all’interno della borsa.

Il nodo Barzan e la polemica televisiva

Come se non bastasse, ora anche i riflettori della TV entrano a gamba tesa nel caso. La trasmissione “Le Iene” ha criticato duramente Davide Barzan, oggi legale di Manuela Bianchi. In origine, Barzan difendeva anche Louis Dassilva e sua moglie. Un doppio ruolo che – secondo il programma – solleverebbe più di un conflitto di interessi.

Annunciate nuove rivelazioni nella prossima puntata, con possibili colpi di scena sulla gestione iniziale delle indagini.

Una ricostruzione che scricchiola?

La Procura resta convinta della sua ricostruzione, ma la strategia difensiva di Dassilva si fa sempre più aggressiva. Tempistiche al secondo, movimenti digitali e testimonianze in bilico: il caso Paganelli, nato come un omicidio familiare, sta assumendo le sembianze di un enigma giudiziario. E il verdetto, almeno per ora, non è all’orizzonte.