MENTRE la decisione del questore sul Cocoricò pare sia questione di giorni, si scopre che il 17enne di Como che ha rischiato il trapianto di fegato per l’ecstasy, non è mai stato al Cocoricò. Non è vero che era lì che aveva ingoiato quella porcheria che gli è costata così tanto.
UNA bugia colossale, quella che il ragazzino e gli amici avevano detto ai genitori. A svelare la verità sono stati gli altri minorenni che si trovavano con lui quella notte, sentiti dalla Squadra mobile di Como, su richiesta della questura di Rimini che all’inizio della settimana aveva aperto un’inchiesta anche su questo episodio. E alla fine i ragazzini hanno ammesso che la sera dell’11 luglio scorso non si trovavano a Riccione ma addirittura a Torino. Lì c’è una festa che si consuma solo una volta all’anno, ma, hanno pensato, questo avrebbe fatto preoccupare troppo i genitori e avevano deciso di dire loro che erano andati a ballare a Riccione. Il 17enne, ancora ricoverato all’ospedale di Bergamo, si era sentito male il giorno dopo e alla mamma aveva confermato di essere andato al Cocco, dove a suo dire aveva assunto l’ecstasy. Fuori di sè dalla paura e dalla rabbia, la donna si era subito messa in contatto con la fondazione Ema-Pesciolino Rosaso, raccontando la storia di suo figlio intubato in un letto d’ospedale, e puntando il dito contro la discoteca riccionese, dove otto giorni dopo sarebbe morto Lamberto Lucaccioni, il 16enne di Città di Castello, schiantato dall’ecstasy sulla pista da ballo del Cocco.
INTANTO il locale resta con il fiato sospeso, in attesa del ‘verdetto’ del questore di Rimini, Maurizio Improta, che in questi giorni sta valutando tutte le informazioni arrivate sul suo tavolo, disponendo accertamenti e approfondimenti. La decisione se chiudere o meno la ‘piramide’ non tarderà molto, e quasi certamente arriverà entro la prossima settimana. «Come avevo già avuto modo di precisare in relazione alla triste vicenda della morte del ragazzo di Città di Castello – dice l’avvocato Alessandro Catrani che rappresenta il locale – è necessario, prima di passare a conclusioni affrettate, attendere l’esito delle delicate indagini penali.
In questo episodio del giovane di Como, proprio l’inchiesta della questura locale avrebbero infatti dimostrato che il ragazzo avrebbe mentito e sancito quindi che il Cocoricò non c’entri per nulla con la vicenda in questione. Ci difenderemo in ogni sede contro le false accuse che ci sono state indebitamente rivolte».