Rimini. Il fallimento Mulazzani fa tremare 20 imprenditori

105-stadium-rimini1SEQUESTRI per 60 milioni di euro e 25 imprenditori indagati tra Rimini, Pesaro e Ravenna. Ma il ‘nome’ per eccellenza è quello della famiglia Mulazzani: il padre, Italino, presidente del cda della Mulazzani Costruzioni Spa; il figlio Fabio, direttore generale della ditta e la figlia che aveva invece ruoli in società esterne. Le accuse per tutti sono quelle di bancarotta fraudolenta, in gran parte preferenziale, e distrazioni di beni per un milione di euro in capo alla famiglia Mulazzani. A Fabio, a cui il padre aveva passato il testimone, il giudice, Vinicio Cantarini, ha applicato anche la misura dell’obbligo di firma tre volte la settimana alla polizia giudiziaria. Secondo la ricostruzione fatta dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria, guidati dal colonnello Marco Antonucci, avrebbero sottratto al fallimento dell’azienda 60 milioni di beni, ‘girati’ a creditori privilegiati. Altri imprenditori che nei giorni scorsi si sono visti sequestrare appartamenti e terreni (edificabili) con i quali, a detta degli inquirenti, erano stati liquidati dai Mulazzani.
LA FINE di una delle più grosse ditte di costruzioni (sue le Befane, il 105 Stadium, gli stabilimenti Berloni e il complesso immobiliare Le Torri di Pesaro) viene sancita nel novembre del 2013, quando il Tribunale di Rimini ne dichiara il fallimento, in seguito al ritiro del concordato per inadempimento. Tutto finisce quindi nelle mani del curatore, il quale chiusa la relazione, gira tutto alle Fiamme Gialle. L’odore di bruciato che sentiva, scoprono i finanzieri, in realtà è un grosso incendio. Perchè dopo avere spulciato le carte, ricostruito passaggi di società, scovati beni immobiliari ‘usciti’ un attimo prima del fallimento, i militari riescono a ricostruire un quadro che vale 60 milioni di euro. Questo, secondo gli inquirenti, il valore dei beni che hanno preso il volo poco prima del tracollo. Sono 53 appartamenti e 22 terreni edificabili, ceduti a creditori privilegiati. Fornitori, in gran parte, che si sono presi il dovuto a pagamento del debito senza spartirlo con gli altri. Una consapevolezza che li ha fatti finire tutti sotto inchiesta e ha fatto scattare i sigilli anche per loro.

Resto del Carlino