Rimini. Il vescovo Lambiasi scende in campo: «Accogliamo i profughi e le famiglie nomadi in nome di una integrazione vera»

Francesco-LambiasiAbbattere i muri della diffidenza. Accogliere i profughi e le famiglie nomadi, in nome di un’integrazione vera. Per arrivare, ha detto ieri monsignor Francesco Lambiasi ai politici e ai rappresentanti delle istituzioni, «a una cultura del noi» e non più dell’io. E’ il messaggio lanciato dal vescovo di Rimini nel corso del tradizionale incontro con le autorità, per la festa di San Gaudenzo. Nella sua riflessione, Lambiasi parte dalla «domanda coraggiosa che si impone: nella nostra città vogliamo aprire porte o blindare cancelli?». Per farlo, «occorre una rivoluzione culturale».
A partire da un nuovo turismo legato alla cultura e alla religione. Anche se, riconosce il vescovo, «negli ultimi anni la politica culturale è migliorata», l’immagine di Rimini è ancora legata al divertimentificio. «La sfida è allora trasformare Rimini da consumistica vetrina di eventi a città internazionale della culturale». Una trasformazione che per Lambiasi passa anche dal valorizzare sempre di più l’università, «che ha bisogno di essere sostenuto sul piano progettuale, culturale ed economico». Ma la rivoluzione che il vescovo si auspica è anche, soprattutto nella cultura dell’accoglienza. Sui profughi Lambiasi invita a «sconfiggere l’allarmismo» attraverso scelte mirate a costruire una convivenza di rispetto e fiducia tra residenti e migranti». E chiede di andare oltre le emergenze: «L’accoglienza iniziale non centra l’obiettivo, se è seguita poi da condizioni di emarginazione: la mancanza di lavoro, di alloggio, del ricongiungimento con le famiglie».
Lambiasi segnala poi il «tremendo dramma dei bambini profughi», così come la difficoltà del Comune di accogliere i minori stranieri: «Ogni minore che sbarca è carico di quel territorio: se sono 30 è un conto, se sono 5mila il Comune va in difficoltà». Ma l’accoglienza va fatta anche verso i poveri, «perché aumentano le richieste di famiglie in difficoltà». Lo testimoniano le ingiunzioni di sfratto, «nonostante a Rimini ci siano 15mila alloggi sfitti», e i tanti che si rivolgono alla Caritas. Ma il messaggio più forte Lambiasi lo riserva alla questione dei nomadi: «E’ riesploso il caso del campo di via Islanda. Cosa stiamo facendo perché per rom e sinti si volti pagina? Esorto le istituzioni e tutta la comunità ad avviare processi di reciproca conoscenza», per favorire così l’accoglienza vera. Lambiasi invita i nomadi «a sentirsi parte attiva e vitare ciò che non è degno della loro identità culturale». Il Resto del Carlino

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