Il processo scaturito dall’inchiesta “Cheope” su un presunto sistema di vendita piramidale si è concluso con l’assoluzione di tutti i 13 imputati. Tra loro Fabio Bollini, ex calciatore e noto leader del network marketing e Francesco Comito, romano ma sposato e residente a San Marino. Difesi dagli avvocati Moreno Maresi, Mattia Lancini, Filippo Cocco e Giovanni Orciani, gli imputati erano accusati di aver violato la legge 173/2005.
Secondo l’accusa, la struttura di vendita si basava sul reclutamento di nuovi membri, con quote di adesione fino a mille euro, pratica vietata in Italia. Gli incontri avvenivano sia online sia tramite eventi in tutta Italia. I prodotti, integratori e barrette energetiche, venivano forniti da una società americana tramite una controllata olandese a una sede legale italiana.
La Procura aveva richiesto una multa di 100.000 euro per ciascun imputato, ma il giudice monocratico ha pronunciato l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Gli avvocati hanno sottolineato come già in sede cautelare il tribunale del Riesame avesse revocato il sequestro di oltre 7 milioni di euro. Gli imputati hanno sempre proclamato la loro innocenza, rivendicando la legittimità delle loro operazioni di vendita.
Il processo nato dall’inchiesta ‘Cheope’, su un presunto sistema di vendita piramidale scoperto dalla Guardia di Finanza, si è concluso con una sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice monocratico di Rimini per i 13 imputati, difesi dagli avvocati Moreno Maresi, Mattia Lancini, Filippo Cocco, Giovanni Orciani. Tra di loro c’è anche Fabio Bollini, 41enne di San Marino, ex calciatore, considerato un vero e proprio guru del ‘network marketing’ e uno dei leader di una rete di venditori specializzati in integratori, prodotti dimagranti, barrette energetiche. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la struttura di vendita sarebbe stata basata sul mero reclutamento di nuovi soggetti, disposti a sborsare fino a mille euro per entrare a far parte della rete. Una pratica che nel nostro Paese è vietata dalla legge. Il reclutamento sarebbe avvenuto sia sui social, sia con convegni organizzati in grande stile in palasport e hotel in tutta Italia. Gli integratori, prodotti dalla capogruppo americana di Vi Italia, venivano poi forniti dalla società controllata olandese a quella italiana. La Vi Italia formalmente aveva la sua sede legale a Milano, ma in realtà i vertici dell’organizzazione erano qui, tra Rimini e San Marino (…) Il Resto del Carlino
