Rimini. ”La Voce” si spegne. Il quotidiano dichiara fallimento

Il tribunale di Rimini ha depositato due giorni fa la dichiarazione di fallimento del quotidiano ‘La Voce’, il giornale fondato dall’imprenditore verucchiese Gianni Celli. Il giornale oggi non sarà in edicola, e non è dato di sapere per quanto tempo le rotative resteranno ferme. La decisione spetterà al curatore nominato dal Tribunale. Incerto il destino di giornalisti e grafici, sui quali la notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno.
La società ‘Edizioni delle Romagne’ era nata poco meno di due anni fa sulle ceneri di Editrice La Voce srl, finita nella bufera dell’inchiesta che aveva poi travolto Celli. Nella società, il figlio di Celli e una trentina di soci. Ma questa volta a presentare l’istanza di fallimento è stata la Casagit (la Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani) per il mancato pagamento dei contributi obbligatori, per un totale di circa 30mila euro. Il Tribunale alla fine ha concluso che «lo stato di insolvenza si desume dal mancato adempimento dei debiti per ritenute d’acconto e per i contributi integrativi obbligatori e dalla consistente perdita di esercizio di 566.877 euro al bilancio chiuso al 31 dicembre 2015, aggravata dalla circostanza che tra le voci di debito risultino, già al primo anno di attività dopo il subentro alla precedente gestione poi dichiara fallita, ben 144.484mila euro a titolo di ‘debiti per salari e stipendi’». Tra giornalisti e amministrativi, sono in tutto circa una quindicina di persone che non sanno quale sarà la loro sorte. Tutto ora è in mano al curatore fallimentare che ha disposto che si fermino le rotative. Oggi quindi il quotidiano non sarà presente in edicola, ma non si ancora cosa accadrà nei prossimi giorni.
LA prima tempesta si era abbattuta sul giornale il 28 ottobre scorso, quando il fondatore del quotidiano era stato arrestato dalla Guardia di finanza con le accuse di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e malversazione ai danni dello stato. Secondo gli inquirenti, aveva dirottato parte dei contributi pubblici dell’editoria in altre società, legate alla sua attività di imprenditore edile. Era stata sequestrata anche la testata del giornale, ma l’uscita regolare del quotidiano era stata assicurata. Il Resto del Carlino