Per una lesione durante un parto, avvenuto nel gennaio di un anno fa, non potrà più avere figli e anche la funzionalità della vescica è compromessa.
I fatti, accompagnata dalla denuncia, sono stati raccontati da una donna di 37 anni, residente a Bellaria e ora, al termine dell’inchiesta, il procuratore di Rimini Paolo Giovagnoli ha citato in giudizio tre medici per lesioni colpose. La donna, assistita dagli avvocati Chiara Rinaldi del foro di Bologna e Francesca Giardini, del foro di Ravenna aveva inoltrato un esposto e si è costituita parte civile.
L’episodio denunciato dalla donna è avvenuto il 27 gennaio 2015 all’ospedale di Rimini dove era stata ricoverata dopo la rottura delle acque alle trentasettesima settimana. Era entata alle sei mattina e l’intervento era stato effettuato alle 12 e il bambino si era presentato in posizione podalica. Nonostante questo il piccolo era nato sano, ma i problemi si erano verificati per la mamma.
Secondo quanto denunciato dai legali, la signora era rimasta in sala operatorio per diverse ore senza ricevere una spiegazione di cosa stava accadendo.
Solo quando era stata riaccompagnata in camera, le era stato riferito che c’era stato qualche problema all’apparato urinarioe che per questo l’operazione era stata prolungata, ma che non c’era nulla di cui si dovesse preoccupare.
Alla donna era poi stato inserito un catetere e curata fino al 14 febbraio, quando era stata dimessa dall’ospedale con la prescrizione di ritornare in ospedale una decina di giorni dopo per la rimozione di tale catetere.
Stando a quanto denunciato dalla donna, le sue condizioni si erano progressivamente aggravate, tanto che cinque giorno dopo la sua dimissione era dovuta ritornare in ospedale a causa dei forti dolori a un fianco e a uno stato febbrile.
Gli avvocati che assistono la donna, ricordano che il 24 febbraio la donna fu ricoverata per la rimozione del catetere, mal’intervento non riuscì quindi fu necessario procedere con una ulteriore operazione.
Secondo i consulenti medico-legali del pubblico ministero, Corrado Melega e Donatella Fedeli, la lesione «è riconducibile causalmente a un errato comportamento chirurgico posto in essere dai sanitari che materialmente procedettero all’incisione uterina».
Per il difensore dei medici, l’avvocato Leonardo Bernardini, la consulenza «lascia qualche dubbio, che giustamente deve essere risolto in sede dibattimentale».
