La Questura di Rimini arresta i fannulloni di casa propria. Tre le persone finite agli arresti domiciliari con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato. Tre impiegati civili che prestavano servizio alla Caserma Mosca, mentre a un quarto, un poliziotto con mansioni tecniche, il giudice ha imposto l’obbligo di dimora. L’accusa è di avere lavorato tra il 40 e il 50 per cento in meno del dovuto, impiegando il resto delle ore d’ufficio a farsi gli affari propri.
L’inchiesta ha visto la Squadra mobile pedinare per mesi i quatro assenteisti, filmarli e intercettarli. Li hanno visti e registrati mentre invece di lavorare uscivano per andare al centro scommesse sportive, oppure a fare la spesa insieme alla moglie, a curare il proprio allevamento di cani o a mangiarsi le tagliatelle in campagna. In una sola giornata erano capaci di stare fuori anche quattro-cinque ore, mentre il foglio di servizio ‘provava’ che avevano sudato sette camicie in ufficio. Andavano e venivano a piacimento, passando il pomeriggio al centro commerciale, senza sospettare che sulle loro auto i poliziotti che incrociavano tutti i giorni negli uffici avevano piazzato il gps. C’era anche chi, hanno scoperto, era arrivato a contraffarre il certificato medico. Quattro giorni di malattia erano diventati così 35, senza che nessuno sospettasse nulla. Una spudoratezza e un menefreghismo stigmatizzato dallo stesso giudice per le indagini preliminari che sottolinea la gravità del fatto che i fannulloni in questione hanno agito in un momento storico dove condotte del genere pesano ancora di più. Gli agenti sono andati a bussare a casa loro ieri mattina all’alba, nessuno di loro sospettava nulla e, dicono, sono rimasti di sasso. C’è chi ha negato, ma di fronte alla sua immagine mentre spinge il carrello fuori dal Conad insieme alla moglie, sarà fatica che riesca a tenere la posizione. (…) Il Resto del Carlino
CAPITAVA anche che quattro giorni di malattia diventassero 35. E’ uno degli episodi contestati a Filippo Camera, al quale gli investigatori hanno fatto le pulci anche per gli anni passati. Scoprendo che aveva mandato via fax una certificazione medica all’Ufficio personale della questura con cui il medico lo metteva a casa per un mese e passa. In realtà, hanno scoperto, il certificato era stato contraffatto per prolungare il periodo di malattia di quasi un mese. Una tecnica, dicono, che ha ripetuto anche una seconda volta.
NON solo, ma Camera ha anche un’altra magagna, e riguarda una vecchia storia che ora gli è costata un’accusa di peculato. I fatti risalgono al 2008-2009, mentre faceva il cassiere presso la mensa allestita alla caserma ‘Mosca’. Camera era stato autorizzato a riscuotere e maneggiare i soldi, ma a un certo punto avevano scoperto che l’incasso di tre mesi non era stato versato. In tutto quasi 6mila euro, al punto che il funzionario dell’epoca l’aveva sollecitato più volte. Lui però, dicono, aveva fatto orecchie da mercante, e solo dopo diverse e ripetute pressioni, aveva cominciato a restituire i soldi, a rate. Una condotta però che il questore aveva deciso di segnalare al ministero dell’Interno. Come sia andata a finire non si sa, ma alla fine Camera ha tirato fuori l’intera cifra.
SECONDO la ricostruzione fatta dalla Squadra mobile, i quattro andavano avanti a pacche sulle spalle, coprendosi a vicenda oppure andando a mangiare insieme, per poi ‘dimenticarsi’ di rientrare in ufficio. Sul foglio di servizio risultavano presenti per tutto il tempo, e a fine mese arrivava regolarmente stipendio e straordinari. Alle lamentele di Camera che a Rimini non era valorizzato, Pasotti gli rispondeva scherzando «come potevo valorizzarti che come mi giravo eri lì a fare il giochino, oppure dormire sulla poltrona o a farti le bollette della Snai…».
NELLA sua ordinanza, il gip insiste sul «menefreghismo» con cui i quattro agivano, in totale «disprezzo» dei colleghi. La Casadei aggiunge anche che «una tale impronta negativa delle personalità degli indagati, con quella sfacciata e spavalda condotta di assenteismo, appare ancora più netta e contestualizzata nell’attuale momento storico, ove si assiste al rigoroso e pressante richiamo da parte anche dei massimi vertici dello Stato, a un rigoroso e serio atteggiamento di esercizio delle funzioni pubbliche». «Non è un momento facile per noi – ha commentato ieri il questore di Rimini, Maurizio Improta – ma è comunque un momento di rispetto per la questura di Rimini e tutta la Polizia».