Costretti a pagare per lavorare. Altro che cooperativa per recuperare i nomadi alla ‘normalità’, in realtà la ‘Metalcoop’ di Rimini, presentata in provincia in pompa magna nel 2012, nascondeva un vero e proprio racket del ferro. In manette, ieri mattina, sono finiti Marcello Spada, 46 anni, nativo di Cesena ma residente a Gambettola, dove possiede una delle più grosse aziende di raccolta metalli e rottami di ferro. Lui si trova ai domiciliari, a differenza di Davide Gerardi, 39, un sinto da anni trapiantato in riviera, rinchiuso invece in carcere. Sono accusati entrambi di estorsione, nei confronti dei soci della coop, costretti, pena il licenziamento, a pagare 70 euro al giorno per lavorare.
ERA di Gerardi che sinti e rom si fidavano, quando insieme a Spada, grosso imprenditore del ferro, aveva deciso di creare una cooperativa dove i nomadi potessero lavorare in regola. Raccoglitori di ferro per tradizione, vendono in nero da sempre. La Metalcoop era l’idea nuova, tutto alla luce del sole e con i contributi pagati. Ma lo scenario, hanno scoperto gli agenti della Polizia municipale e i militari del Reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza, era tutt’altro. Erano veri e propri schiavi, raccontano, costretti a versare ogni giorno, per cinque giorni a settimana, quei 70 euro che a sentire Spada e Gerardi, presidente e vice presidente della cooperativa, servivano per il pagamento di tributi vari. Dovevano pagare anche se erano in malattia e non riusciva a raccattare il ferro dovuto, con il risultato che invece di portare a casa uno stipendio, quasi sempre finivano indebitati. Come se non bastasse, ognuno dei ‘soci’ doveva girare alla cooperativa anche l’auto di proprietà, naturalmente a sue spese. E quando si licenziava, perchè sfinito e senza una lira, doveva ripagare per riprendersela. «O così o te ne puoi anche andare», rispondevano a chi protestava e chiedeva conto di quei 70 euro di cui non capiva la ragione. (…) Il Resto del Carlino
