Simone Parma è un cittadino riminese malato di distrofia muscolare. Lo scorso anno, recandosi all’ufficio anagrafe del Comune di Rimini per ottenere la nuova Carta d’Identità non riuscì a firmare, causa la sua malattia. L’impiegato pose sulla carta la dicitura ‘impossibilitato’, creando di fatto una condizione di tutela alla quale Simone non dovrebbe essere invece sottoposto, perché le sue condizioni psichiche sono intatte. Il suo caso è stato portato all’attenzione pubblica da Marco Affronte, europarlamentare M5S.
“La cosa più incredibile è che in questa storia un semplice ufficio comunale si sia sostituito ad una commissione medica. La burocrazia ha tolto i diritti ad una persona”, ha sottolineato Affronte. Per questo motivo l’europarlamentare ha presentato un’interrogazione alla Commissione Europea, che ha fornito una risposta.
“In linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (la convenzione delle Nazioni Unite) di cui l’UE è parte firmataria dal 2011, e per il tramite della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020, la Commissione è impegnata a rimuovere gli ostacoli che impediscono alle persone con disabilità di esercitare i loro diritti fondamentali e che ne limitano la partecipazione paritetica alla società” scrive Marianne Thyssen a nome della Commissione Europea “L’UE non dispone di una competenza generale per disciplinare le condizioni alle quali viene rilasciato un documento di identificazione ai cittadini nazionali, neanche per quanto concerne la gestione delle identità elettroniche. Per quanto concerne l’uso delle firme elettroniche, l’attuale quadro giuridico non impone agli Stati membri di istituire procedure elettroniche nell’ambito delle quali potrebbero essere usate le firme elettroniche”. La Thyssen sottolinea inoltre come in materia gli Stati membri firmatari della Convenzione delle Nazioni Unite hanno la responsabilità di far rispettare i diritti delle persone con disabilità, compreso il riconoscimento della loro capacità giuridica su un piano di parità con gli altri cittadini, e la loro capacità di ottenere, possedere o utilizzare documenti di identificazione.
“Il caso di Simone Parma è un simbolo che vale per tutte le decine di migliaia di malati di distrofia muscolare italiani: è inaudito che possano venire discriminati per l’incapacità fisica di firmare. Le tecnologie ci sono, e dobbiamo usarle. I diritti civili non si possono fermare per ragioni tecniche, e nemmeno alla frontiera: tutti i cittadini europei devono avere le stesse possibilità di fronte alla legge e gli stessi diritti” commenta l’europarlamentare.
Sulla questione è intervenuta anche la deputata riminese del M5S, Giulia Sarti. “Con il riordino della pubblica amministrazione recentemente approvato, il Governo ha avuto la delega per riformulare il Codice dell’amministrazione digitale sulla firma digitale per i cittadini – chiarisce la deputata M5S – ma come sempre queste deleghe sono vaghe e non dettano criteri e limiti specifici cui attenersi. La formulazione del testo è generica e blanda. Questo significa che non sappiamo con esattezza cosa scriverà il Governo nei decreti legislativi in attuazione della delega. Vigileremo quindi che la firma digitale, o l’impronta digitale elettronica, diventino realtà per una piena uguaglianza fra cittadini disabili e non, altrimenti interverremo direttamente. Entro l’anno la situazione sarà normata”.
Anche lo stesso Simone Parma ha commentato l’accaduto: “Ringrazio per l’interessamento al mio caso che, appunto, non è solo mio ma riguarda ventimila o più malati di distrofia, e altri disabili. Mi auguro che davvero, almeno a livello italiano, qualcosa si riesca a fare entro l’anno. Mi stupisce e amareggia che invece, in Europa, anche i nuovi Regolamenti non contemplino obblighi relativi alla firma digitale.”
Sara Ferranti