TREDICI imputati, tra cui un responsabile del Servizio tecnico di bacino, un funzionario dell’Ufficio tecnico dell’Ausl, direttori dei lavori e imprenditori. L’accusa è quella di avere utilizzato i rifiuti speciali (non pericolosi) provenienti dal cantiere di via Stampa dove stavano realizzando il cosiddetto progetto ‘Dea – G9, opere di tutela idraulica’ dell’ospedale Infermi, per utilizzarlo in parte nel colossale progetto della messa in sicurezza degli argini del fiume Uso, in via Donegallia, a Bellaria-Igea Marina. Il resto sarebbe invece finito in una discarica non autorizzata in via Sant’Aquilina. Reati ambientali che hanno portato il pubblico ministero, Davie Ercolani, alla citazione diretta a giudizio di tutti e 13.
I FATTI risalgono al 2013-2014 e a occuparsi di ricostruire tutti i passaggi di quei rifiuti sono stati i finanzieri della Sezione area di Rimini. Secondo gli investigatori, non ci sarebbero dubbi sul fatto che i resti del cantiere dell’Ausl sono finiti nella realizzazione della ‘Sistemazione idraulica e valorizzazione ambientale del fiume Uso, primo stralcio’. Eppure, hanno accertato, venivano chiaramente definite quelle che erano le caratteristiche necessarie delle terre che dovevano essere utilizzate. La legge, dicono, al riguardo parla chiaro: il terreno da impiegare in queste costruzioni deve essere di un certo tipo, ricavato dalla sponda opposta o dalle cosiddette ‘cave di prestito’, generalmente un sito dove poter prelevare del materiale utile per realizzare un’opera pubblica. E sicuramente non quello derivante da attività di escavazione o di cantieri, come erano invece quello arrivato a Bellaria, dal momento che proveniva proprio dal cantiere dell’ospedale.
Di qui l’apertura di un’inchiesta con una lunga serie di indagati. Tra questi, ci sono Fiorenzo Bertozzi, all’epoca responsabile della Posizione organizzativa lavori pubblici e Rischio idraulico del Servizio tecnico di bacino, il quale, a detta degli inquirenti, non poteva non sapere; così come Enrico Sabatini e Roberto Ravegnani Morosini, rispettivamente in qualità di coordinatore dell’Ufficio tecnico dell’Ausl di Rimini e direttore dei lavori del progetto ‘Dea’, i quali, per gli inquirenti, erano a conoscenza che dall’escavazione venivano prodotti rifiuti speciali non pericolosi che dovevano essere portati in una discarica o un impianto autorizzato al loro recupero. Imputati anche Roberto Perazzini che era il legale rappresentante del Car (Consordio artigiani romagnolo), vincitritore della gara d’appalto per la realizzazione dell’opera sul fiume Uso. Valerio Brighi, Luca Muratori e Alberto Ticchi, legali rappresentanti della ditta Rio (società creata ad hoc per il progetto); William e Stefania Salvatori, legali rappresentanti dell’Eco Demolizioni srl, a cui la Car aveva assegnato i lavori di realizzazione dell’opera.
Resto del Carlino