E’ DURATA
tre minuti, «a noi è sembrata un’eternità. Una scossa fortissima e lunghissima… Abbiamo pensato solo a mettere in salvo le persone che si trovavano nella gelateria», racconta ancora sotto choc Stefano Magi. Per fortuna, il giorno dopo il tremendo terremoto di magnitudo 8,3 che ha messo in ginocchio il Cile, stanno bene i riminesi che da anni vivono nel paese della cordigliera, impegnati nelle strutture di accoglienza e la gelateria sociale della Papa Giovanni XXIII in Cile. «Ditelo ai nostri familiari e ai nostri amici che non ci sono stati feriti tra noi, perché qui le linee telefoniche sono andate in tilt. Stiamo bene, sì, ma quanto paura…». Il conto degli sfollati e delle vittime, nel paese del Sudamerica colpito da uno dei sisma più violenti degli ultimini anni, sale di ora in ora. Oltre un milione di persone – un sesto della popolazione – ha dovuto lasciare le proprie abitazioni dopo il terremoto dell’altra sera (avvenuta intorno all’una di notte ora italiana), o perché danneggiate o perché troppo vicine al mare. L’allarme tsunami è progressivamente rientrato, mentre purtroppo il conto dei morti sta aumentando. «Ma se una scossa del genere fosse avvenuta in Italia, sarebbe crollato tutto. Mentre qui sono abituati ai terremoti, e molte abitazioni sono state costruite a prova di sisma…», racconta il cattolichino Stefano Magi, che da anni vive a Santiago del Cile dove è il responsabile della gelateria Gigibontà, il locale aperto dalla Papa Giovanni XXIII per offrire un lavoro (e una nuova vita) a ragazzi con storie problematiche alle loro spalle. «Non è il primo terremoto che affronto, da quando sono in Cile, ma quello di mercoledì è stato incredibile – continua Magi al telefono, la linea fortemente disturbata – Io ero in gelateria naturalmente in quel momento, c’erano ancora parecchie persone dentro e fuori il locale, tra cui numerosi bambini e anche alcuni anziani, tra cui una donna con le stampelle. A un certo punto abbiamo sentito un boato, e la terra sotto i piedi ha iniziato a tremare di brutto, sembrava dovesse franare tutto da un momento all’altro!». Come è accaduto nei luoghi dell’epicentro. Stefano e gli altri ragazzi della gelateria hanno pensato ad aprire immediatamente le porte, «perché non si bloccassero come accade spesso con i terremoti, con il rischio che qualcuno restasse chiuso nel locale». Una volta tutti fuori nella strada, Stefano e gli altri hanno atteso che la situazione tornasse alla normalità. Ma una volta arrivati a casa, hanno passato la notte in bianco.
«LE SCOSSE di assestamento – continua Stefano – sono proseguite per tutta la notte e poi anche ieri mattina. A ogni colpo uscivamo fuori». Per le strade l’inferno con migliaia di persone impaurite e sotto choc. Questa la situazione a Santiago, perché verso il nord del paese, man mano che ci si avvicinava all’epicentro del terremoto (che ha provocato onde alte fino a 4,5 metri), i danni del sisma sono stati ancora più evidenti. «Abbiamo cercato di metterci in contatti con tutti i nostri volontari e operatori presenti in Cile, che sono oltre una quarantina tra cui diversi riminesi – spiega dalla Papa Giovanni XXIII Giampiero Cofano – Con alcuni ci siamo riusciti solo tramite chat. Per fortuna non ci sono feriti tra loro: stanno tutti bene, ma sono ancora sotto choc».
Fonte: RESTO DEL CARLINO