IN AFGHANISTAN per vaccinare i bambini, assistere i militari feriti, seguire i mezzi che uscivano dalla base per le ricognizioni.
Un’esperienza che ha lasciato un segno profondo in Rocco Mergola, 37 anni, infermiere per il 118 Romagna Soccorso e volontario per la Croce Rossa Italiana nel soccorso in acqua Opsa, corpo per il quale è anche ufficiale col grado di sottotenente nel corpo militare.
Quanto tempo si è fermato in Afghanistan?
«Due mesi, dal 20 maggio al 20 luglio. Ero ad Herat».
Come le è venuta l’idea di partire?
«Già qui lavoro nell’emergenza, quindi ho pensato di mettere questa esperienza al servizio in un teatro di guerra».
Come è stato preparato per affrontare la situazione?
«Abbiamo fatto un corso vicino a Napoli di venti giorni dove abbiamo studiato l’arabo, la cartografia, l’uso delle armi, la difesa personale e di tutti coloro che ci vengono affidati, ma anche di sopravvivenza».
Qual è stato il primo impatto arrivato in Afghanistan?
«Beh, le temperature erano altissime e tutto intorno era solo deserto. Ma ci siamo messi subito al lavoro con corsi di diritto civile e analisi della situazione relativa al conflitto in atto».
Quali erano i suoi compiti?
«Ero di servizio nel Pronto soccorso ed eravamo al seguito dei mezzi militari che uscivano dalla base per le varie ricognizioni. Ci deve essere sempre un mezzo di soccorso blindato con un medico e un infermiere a bordo nel caso che il convoglio militare venga attaccato, o meglio, ci sia un’esplosione perché quello è il pericolo più grande. Spesso sentivamo anche i
proiettili che cozzavano contro il mezzo blindato: era un modo per farsi sentire da parte dei guerriglieri del posto».
Altri incarichi?
«Questo diciamo che l’ho chiesto io, come incarico. Ho visto che nella base c’erano moltissimi vaccini. Ho domandato perché erano lì e mi è stato risposto che erano per i bambini ma nessuno voleva andarli a somministarli per timore di attacchi. A quel punto non ho avuto un momento di esitazione e ho detto: ‘Ci vado io’».
Quindi è partito per andare a vaccinare i bimbi?
«Sì, mi sono organizzato e sono andato. Sono uscito cinque/sei volte e sono riuscito a vaccinare circa trecento bambini».
La popolazione come reagisce alla presenza di medici e militari?
«Cercano di aiutare in tutti i modi. Ad esempio facendo capire che in un certo tratto della strada c’è una bomba mettendo in quel punto un masso: quando lo vedi puoi essere sicuro che c’è un ordigno».
E’ pronto a ripartire?
«Certamente, per ogni Paese dove ci sia bisogno: Siria, Iraq, Libano, Libia».
C’è qualcuno che ricorda con particolare affetto?
«Un pensiero va sicuramente al mio compagno di avventura il dottor Dario Zazzaro e al mio personal trainer caporal maggiore capo scelto Alessandro Polo. Mentre un ringraziamento speciale va ai militari del secondo Reggimento Genio Guastatori di Trento che mi hanno accolto come un fratello e mi hanno messo sotto la propria ala protettiva spiegandomi sempre tutto, dandomi coraggio durante le uscite sul territorio afgano facendomi sentire uno di loro. Ma voglio ringraziare anche i miei coordinatori del 118 e la direzione sanitaria dell’Ausl Romagna per avermi dato la possibilità di vivere questa esperienza».
Rocco Mergola ha ricevuto un encomio formale dai vertici del servizio medico militare nella persona del dirigente del servizio sanitario del campo, tenente colonnello Alessio Fantera per il servizio svolto con dedizione e impegno.
Resto del Carlino