
Vittima una ex giudice, di 80 anni, che vive a Rimini in un appartamento al primo piano, insieme al marito gravemente malato. Era la notte del 10 giugno scorso quando, verso le 4, era stata bruscamente svegliata da violenti strattoni. Credeva di sognare, ma quando aveva aperto gli occhi aveva intravisto un giovane volto sconosciuto. Il ragazzo aveva cominciato a colpirla al torace, urlandole in faccia le frasi del terrore. «Stai zitta, ho la pistola e ti sparo in bocca» «Dimmi dove sono i soldi, dammi l’oro» «Voglio i soldi che tieni per tuo marito malato». Per spaventarla ancora di più aveva cominciato a palparle il seno minacciando: «Ti stupro». E ancora» «Ho fatto cinque anni di galera ingiustamente per colpa di un giudice p… come te, voi giudici donne prendete i soldi e mettete in prigione gli innocenti». Quell’orrore era durato oltre un’ora, mentre il marito accanto a lei era ‘perso’ nella sua malattia. Il bandito se n’era andato solo quando gli aveva indicato il comodino, dove si trovavano gioielli per 30mila euro e 800 in contanti». Razziato tutto, se n’era andato come era venuto, scavalcando la ringhiera del terrazzo: «Se vado in prigione, io o qualcuno dei miei ti ucciderà».
La Polizia aveva trovato il giudice sotto choc, ma passato il primo momento di spavento, era stata lucidissima nel ricostruire la rapina, frasi comprese. E proprio le parole dette dal rapinatore avevano fatto capire agli investigatori che il ragazzo conosceva la sua vittima. Moglie e marito non hanno parenti, fanno vita ritirata e l’unica persona che frequenta casa loro è la badante albanese. Lì erano andati a guardare subito i poliziotti, ‘isolando’ alla fine un solo nome: quello del figlio Ener. Erano partiti subito intercettazioni e pedinamenti. Fingendo un controllo stradale di routine, gli agenti erano riusciti ad avere anche una sua fotografia. Lui intanto ‘banchettava’ col bottino (mai trovato), convinto di averla fatta franca. Al punto che meno di un mese dopo era tornato a casa della sua vittima, chiedendo di parlare con la madre. Una sfida che aveva perso. Il giudice si era limitata a parlargli dal balcone, ma quel volto le aveva rammentato ‘qualcuno’, ed era andata dritta in questura. La conferma definitiva che i poliziotti avevano fatto centro.
La Polizia aveva trovato il giudice sotto choc, ma passato il primo momento di spavento, era stata lucidissima nel ricostruire la rapina, frasi comprese. E proprio le parole dette dal rapinatore avevano fatto capire agli investigatori che il ragazzo conosceva la sua vittima. Moglie e marito non hanno parenti, fanno vita ritirata e l’unica persona che frequenta casa loro è la badante albanese. Lì erano andati a guardare subito i poliziotti, ‘isolando’ alla fine un solo nome: quello del figlio Ener. Erano partiti subito intercettazioni e pedinamenti. Fingendo un controllo stradale di routine, gli agenti erano riusciti ad avere anche una sua fotografia. Lui intanto ‘banchettava’ col bottino (mai trovato), convinto di averla fatta franca. Al punto che meno di un mese dopo era tornato a casa della sua vittima, chiedendo di parlare con la madre. Una sfida che aveva perso. Il giudice si era limitata a parlargli dal balcone, ma quel volto le aveva rammentato ‘qualcuno’, ed era andata dritta in questura. La conferma definitiva che i poliziotti avevano fatto centro.
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