L’ACCUSA è pesantissima: sequestro di persona. E arriva sulla testa del questore di Rimini, Maurizio Improta. E’ questa l’ipotesi di reato che i pm di Perugia contestano a Improta, ma anche al capo dello Sco (Servizio centrale operativo della Polizia) Renato Cortese, ad altri cinque poliziotti romani e al giudice di pace Stefania Lavore che firmò il decreto di espulsione. La vicenda è quella relativa al caso di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhar Ablyazov espulsa nel maggio del 2013 dall’Italia. Fu un caso politico-diplomatico che sfiorò il ministro dell’Interno Alfano e che costò il posto al suo ex capo di gabinetto, Giuseppe Procaccini. Agli indagati sarebbe stata notificata un’informazione di garanzia. Da parte del questore Improta un gentile, ma secco: «Non ho nessun commento da fare». Le accuse nei confronti di Cortese e Improta si riferiscono a quando erano il capo della squadra mobile di Roma e il capo dell’ufficio stranieri. Con la stessa accusa, nel registro degli indagati della procura perugina – competente ad indagare in quanto è coinvolto un giudice del distretto di Roma – compaiono poi Luca Armeni e Francesco Stampacchia, all’epoca dirigente della sezione criminalità organizzata e commissario capo della squadra mobile di Roma, Vincenzo Tramma, Laura Scipioni e Stefano Leoni, tre poliziotti in servizio presso l’ufficio immigrazione. Nell’informazione di garanzia inviata agli otto, secondo quanto si apprende, si sosterebbe che i poliziotti e il giudice di pace, in concorso con alcuni funzionari dell’ambasciata del Kazakistan di Roma, il 31 maggio del 2013 «avrebbero sequestrato» la Shalabayeva e sua figlia di sei anni nella villa e poi le avrebbero espulse. La donna e la figlia, ha affermato la Cassazione in una sentenza del luglio del 2014, non dovevano essere espulse dall’Italia e il provvedimento di rimpatrio era viziato da «manifesta illegittimità originaria». Nella prima indagine condotta a Roma il questore Improta era stato indagato per abuso d’ufficio ed omissioni d’atto d’ufficio insieme ad altri quattro poliziotti. Poi la Procura di Perugia aveva aperto un’indagine sul giudice di pace: da qui la nuova riformulazione delle accuse nei confronti adesso di otto persone. Tutti e 8 saranno sentiti al più presto dai pm.
Resto del Carlino