GUAI a chiamarla «tassa». I preti si arrabbiano molto. «Si tratta pur sempre di un’offerta». Sì, un’offerta, ma non proprio libera. Anzi, in alcuni casi regolamentata addirittura da un tariffario. Lo sanno bene le coppie che si sono sposate in questi giorni, e che per celebrare il matrimonio hanno scelto chiese come San Fortunato a Rimini, o la Pieve a Santarcangelo, per citare soltanto alcune delle più famose. Da tempo ormai, per convolare a nozze in alcune delle più suggestive chiese del Riminese, bisogna essere pronti a metter mano al portafoglio. Ci sono prezzi e tariffe: l’offerta ‘simbolica’ non basta più. «Troppe spese da sostenere: riscaldamento, luce, pulizia, i lavori di manutenzione ordinaria. E poi come ripariamo il tetto della Pieve, se non chiediamo a chi si sposa qui di dare un piccolo contributo?», fanno presente dalla parrocchia di Santarcangelo, una delle ultime a prendere la «sofferta» decisione.
GIÀ PERCHÉ molte giovani coppie, di fronte alla richiesta di una somma precisa e non certo simbolica per poter pronunciare il loro sì all’altare sbottano, sbuffano. Alcuni si indignano. «Non abbiamo tutti quei soldi da destinare alla parrocchia», si è ribellata, qualche giorno fa, una giovane coppia di riminesi prossimi alle nozze, quando ha saputo dell’obolo che doveva versare. Alla fine, il parroco ha abbozzato e ha fatto lo sconto, capendo la situazione. Ma di norma, la cifra resta quella fissata.
LE TARIFFE variano a seconda delle parrocchie. Sono già diverse tra Rimini e Santarcangelo quelle che le hanno fissate. Si va da un minimo di 100 euro fino a 250 euro o anche in più, in casi eccezionali. A Santarcangelo il consiglio pastorale ha fissato a 200 euro il prezzo, sia per la Pieve che per la Collegiata (meno gettonata). Una tariffa c’è, da anni, anche in altre chiese riminesi, come San Fortunato. Dove venivano chiesti, fino a poco tempo fa, almeno 250 euro per le coppie che non fanno parte della parrocchia. Don Renzo Rossi assicura che «si tratta semplicemente di un’offerta, e la decisione finale spetta agli sposi. In fondo trovo giusto che chi viene a celebrare il matrimonio qui ma non fa parte della parrocchia lasci qualcosa. Ci sono tante spese da sostenere, la chiesa di San Fortunato è molto richiesta per i matrimoni».
LO DICIAMO subito: le ‘tariffe’ non sono affatto la regola, e vengono applicate solo per poche chiese del Riminese, quelle più gettonate tra gli sposi. Perché nelle parrocchie, normalmente, resta saldo un principio: sia per i matrimoni che per i funerali e i battesimi i fedeli danno quello che possono (e vogliono). «Nessuna tariffa, nessuna offerta, ci mancherebbe altro. Agli sposi chiediamo di darci soltanto quello che possono», assicura don Aldo Fonti da Viserba. Anche alla parrocchia di San Gaudenzo, gli fa eco don Aldo Amati, «non esiste alcun tariffario. Sono le coppie a fare un’offerta libera, a seconda delle loro disponibilità economiche». Stessa scelta anche per un’altra parrocchia del centro storico, quella di San Giovanni Battista, dove ci si affida al buon cuore degli sposi. Perché le spese, per celebrare un matrimonio, non sono affatto poche: dalle pulizie prima e dopo la cerimonia, a luce e riscaldamento, le nozze hanno un costo per la parrocchia. Vero, «ma in alcune parrocchie riminesi – rivela un fotografo – non solo chiedono un contributo per la celebrazione, ma anche per addobbi particolari fuori e dentro la chiesa…». Ma le somme chieste dalle parrocchie, in ogni caso, impallidiscono rispetto a quelle chieste dai Comuni per i matrimoni civili in municipio.
Resto Del Carlino