Dopo essersi procurata un aborto a sei mesi di gravidanza, ha gettato il bimbo morto in un cassonetto. Una storia dell’orrore, quella che stanno ricostruendo i carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Rimini e che vede una donna indagata per infanticidio. Con lei sotto accusa, anche un amico che le avrebbe procurato i farmaci necessari.
I fatti risalgono al 3 luglio del 2013, quando una straniera, di 43 anni, arriva al pronto soccorso dell’Infermi con una grave emorragia in atto. Viene portata d’urgenza in Ginecologia, e visto il sangue che sta perdendo inizialmente i medici pensano a un tumore. Ma poi, dopo avere fermato l’emorragia, scoprono tracce di placenta. Non solo, ma anche quel che resta di un cordone ombelicale che è stato strappato. La paziente, residente a Rimini e già madre di un bambino, non dice granchè, parla solo di un aborto spontaneo, avvenuto al sesto mese di gravidanza. Ma i medici non sono per niente convinti che stia dicendo tutta la verità, e chiamano i carabinieri. Ai militari, la donna racconta più o meno la stessa cosa. Era in casa, quando ha avuto l’aborto spontaneo, ha strappato lei stessa il cordone ombelicale del bimbo che era già morto, e ha deciso di seppellirlo. Il giorno dopo si è sentita male, ed è stata costretta a correre in ospedale. Ma nemmeno i carabinieri sono convinti che quella sia la versione giusta e cominciano a indagare, scoprendo via via una terribile verità.
In realtà lei non ha mai seppellito il bambino, ma l’ha gettato in un cassonetto. Gli investigatori ne sono certi, anche se il corpicino non è mai stato trovato. (…) Il Resto del Carlino